martedì 13 dicembre:
ore 18.30 e 21 – IL MAGO DI OZ (ANTEPRIMA FILM INDIMENTICABILI)
versione in italiano, un film per la famiglia da riscoprire al cinema
mercoledì 14 dicembre:
ore 18.30 e 21 – SING STREET (cineforum – ingresso € 4)
giovedì 15 dicembre:
ore 20.30 – L’UOMO CHE VERRA’ (CINEMA DI CLASSE)
sarà presente il regista GIORGIO DIRITTI.
sabato 17 dicembre:
ore 21 – SING STREET
martedì 20 dicembre:
ore 18.30 – IL MAGO DI OZ (ANTEPRIMA FILM INDIMENTICABILI)
versione in italiano, un film per la famiglia da riscoprire al cinema
ore 20.30 – LO SCHIACCIANOCI (ANTEPRIMA BALLETTO BOLSHOI – ingresso € 10)
il balletto direttamente dal Bolshoi di Mosca
IL MAGO DI OZ di V. Fleming
Dorothy vive in una fattoria del Kansas. Improvvisamente un terribile tornado si abbatte su di lei, trascinandola insieme alla sua casa e al suo cane Toto nel mondo del mago di Oz. Qui tutto è bellissimo, ma la piccola Dorothy vuole lo stesso ritornare a casa al più presto…
Il vero film di Natale, la prima e indimenticata fiaba in Technicolor, finalmente da vedere come era stato progettato. Dorothy, l’uomo di latta, lo spaventapasseri e il leone in viaggio verso il mondo di Oz al suono di Over the Rainbow.
“E’ una graziosa favola, raccontata con garbo e con spirito. Regia accurata, uso sapiente di effetti speciali, buona interpretazione, ottima fotografia.” (‘Segnalazioni cinematografiche’, vol. 26, 1949).
SING STREET di J. Carney
Dublino, anni Ottanta. Per sedurre una ragazza carina incontrata fuori dalla sua scuola, Cosmo le fa credere di avere un gruppo musicale e le chiede di apparire in un videoclip della band. Quello che sembrava un progetto strambo diventa per Conor una grande passione, che lo aiuterà ad evadere dalla sua complicata situazione familiare.
“Conosciuto per due operine assai amabili, ‘Once’ e ‘Tutto può cambiare’, l’irlandese John Carney torna con un film che dovrebbe costituire materia obbligatoria d’insegnamento in tutte le scuole di cinema, alla voce ‘commedia sentimentale’. (…) Come nei due film citati, ‘Sing Street’ fa della musica un personaggio altrettanto importante di quelli in carne e ossa: le scene musicali, in altre parole, non costituiscono intermezzi ma parti dell’azione. Non solo la colonna musicale è magistrale; il film si distingue anche per l’ambientazione dublinese e fa affiorare poco a poco, sotto lo strato del racconto di formazione per teenager, una generosa dose di poesia.” (Roberto Nepoti, ‘La Repubblica’, 10 novembre 2016).
L’UOMO CHE VERRA’ di G. Diritti
Alle pendici di Monte Sole, sui colli appenninici vicini a Bologna, la comunità agraria locale vede i propri territori occupati dalle truppe naziste e molti giovani decidono di organizzarsi in una brigata partigiana. Per una delle più giovani abitanti del luogo, la piccola Martina, tutte quelle continue fughe dai bombardamenti e quegli scontri a fuoco sulle vallate hanno poca importanza. Da quando ha visto morire il fratello neonato fra le sue braccia, Martina ha smesso di parlare e vive unicamente nell’attesa che arrivi un nuovo fratellino. Il concepimento avviene in una mattina di dicembre del 1943, esattamente nove mesi prima che le SS diano inizio al rastrellamento di tutti gli abitanti della zona.
L’eccidio di Marzabotto è uno di quegli episodi che premono sulla grandezza della Storia per stringerla dentro alla dimensione del dolore del singolo. Per raccontare quella strage degli ultimi giorni del nazifascismo nella quale vennero uccisi circa 770 paesani radunati nelle case, nei cimiteri e sui sagrati delle chiese, Giorgio Diritti si affida a un proposito simile a quello del suo precedente Il vento fa il suo giro : partire dalla lingua del dialetto per raccontare una comunità e dal linguaggio del cinema per costruire un messaggio sull’identità culturale. Rispetto al lungometraggio d’esordio, L’uomo che verrà si confronta direttamente con la memoria storica e tende a ricostruire la storia del massacro in modo strategico ma senza risultare affettato, puntando sul lato emozionale ma mai ricattatorio della messa in scena. Non più il punto di vista di uno straniero che tenta di confondersi e integrarsi con quello di una comunità ostile, ma quello di un piccolo membro di una collettività, Martina, che si congiunge e si scambia con quello di tutte le vittime della strage. Per rendere questa idea, Diritti riscopre la fluidità delle immagini e, lontano dal facile realismo delle immagini sgranate girate con macchina a mano, costruisce scene a volte statiche e a volte in movimento, inquadrature fisse e piani sequenza, ma sempre modulati in funzione dei movimenti e delle emozioni della comunità rurale. La funzione patemica si concede un solo, brevissimo ralenti durante la scena dell’esecuzione, e delega il suo lavoro a delle semi-soggettive a lunga e media distanza dall’evento. La “visione con” di queste inquadrature diviene “con-divisione” di punti di vista e di emozioni sulla tragedia: dietro a quelle nuche che affiorano dai margini delle inquadrature fino ad occludere la visibilità degli scontri, c’è il progetto di una personificazione dello sguardo nella strage, l’idea che dietro ad ognuna di quelle morti ingiustificabili ci sia sempre un corpo e un punto di vista. Sguardi nella tragedia che si fanno sguardi sulla tragedia, per il modo in cui questo visibile parziale richiede il nostro coinvolgimento ottico ed emotivo. La distanza che fin dall’inizio pone l’antico dialetto bolognese si annulla così grazie alle scelte di messe in scena di Diritti, che elabora un modo di vedere la guerra dove non c’è bisogno di suddivisioni manichee o di una crudeltà pittoresca per comprendere da che parte stare. Per capire che i “partigiani” di oggi sono quelli che sanno collocare il proprio sguardo sul passato in prospettiva di un futuro pacifico di condivisione che ci riguarda tutti.