“(…) ripercorre la ricerca spirituale di un San Francesco contemporaneo, il palermitano Biagio Conte (…) con stile spoglio e disadorno fino all’ingenuità. Dalla scelta di abbandonare tutto per vivere da eremita sui monti, alla fondazione di una comunità che si dedica a barboni e diseredati. Passando per una serie di episodi che corrispondono ad altrettante ‘stazioni’ nel percorso di fratel Biagio. (…) Di che far disperare anche gli spettatori viziati che siamo, incapaci ormai di accettare un cinema così diretto e a tratti didascalico. Eppure nel film di Scimeca, nato non a caso da un soggetto del protagonista, l’ottimo Marcello Mazzarella, vibra una tensione autentica che nasce dal doppio tentativo di azzerare tutto ciò che il mondo (il cinema) ci offre per cercare un’impossibile purezza originaria. Si può ancora fare cinema come facevano Rossellini o Pasolini? Se oggi tutto è già immagine, riflesso, simulacro, come restituire alle immagini la loro verginità? Ma è l’ostinazione del regista e dei suoi attori a rendere il film prezioso. In fondo Scimeca, come il Winspeare di ‘In grazia di Dio’, cerca la libertà di Biagio. Potrebbe non trovarla. Ma è pronto a pagarne il prezzo.” (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 25 ottobre 2014)