PROGRAMMAZIONE CINEMA ITALIA DAL 02 AL 06-09 SETTEMBRE

Mercoledì 02 settembre ore 21  –  L’ULTIMO LUPO di J.J. Annaud – ingresso € 3,50

Venerdì 04 settembre ore 21  –  IN UN POSTO BELLISSIMO di G. Cecere

sabato 05 settembre ore 21  –  IN UN POSTO BELLISSIMO di G. Cecere

Domenica 06 settembre ore 18.30 e 21 – IN UN POSTO BELLISSIMO di G. Cecere

L’ultimo lupo (Wolf Totem)

Predatori abili, vendicativi e allo stesso tempo riconoscenti fino all’inverosimile, i lupi hanno affascinato gli uomini, che in quest’animale vedevano destrezza e abilità tutte da imitare. Per i popoli guerrieri, questi predatori dagli occhi che quasi illuminano la notte più buia, erano delle divinità da venerare. La stessa Roma, secondo la leggenda, è nata proprio grazie al calore e alla dolcezza di una lupa che allevò Romolo e Remo, primogeniti della città eterna. Un tempo anche nel cuore delle montagne italiane dimoravano branchi di lupi, oggi ridotti a pochi esemplari. La settima arte, dicevamo, ha posato la sua macchina da presa su quest’animale e l’ha fatto attraverso generi diversi. Dal celebre Zanna Bianca (1991) a Balla coi lupi (1990) il cinema ha immortalato il momento in cui il cammino di un uomo s’incrocia con quello di un lupo, dando inizio a una danza intrisa di magia. Il plot è lo stesso anche ne L’ultimo lupo, uscito al cinema il 26 marzo 2015. L’azione si sposta nella Mongolia interna degli anni Sessanta, all’epoca della rivoluzione culturale cinese. Tratto dal libro Il totem del lupo di Jiang Rong, il lungometraggio stupisce per la bellezza delle immagini, realizzate anche per il 3D che, come afferma il regista francese Jean-Jacques Annoud, è efficace non nei campi lunghi e lunghissimi, bensì nei primi e nei primissimi piani. I paesaggi, e non solo i lupi, sono i veri protagonisti di questa pellicola dai toni impressionistici e carica di saggezza, che ha passato miracolosamente la censura del Governo cinese. Il messaggio de L’ultimo lupo è lapalissiano. La trama è semplice ma efficace. Chen Zhen (Feng Shaofeng) è uno studente di Pechino, acculturato, che poco conosce della Mongolia dove vive una comunità di pastori, ai quali Chen deve insegnare a leggere e scrivere, ma sarà quest’antico popolo a dare degli insegnamenti di vita al giovane che ritrova pace e serenità nella steppa, proprio come accade in Giappone a Nathan Algren ne L’ultimo samurai (2003).  Chen non si ribella apertamente agli ordini governativi ma con coraggio decide di salvare dalla morte l’ultimo cucciolo di lupo rimasto e di allevarlo come si fa con un cane. E…se proprio vogliamo trovare un difetto a questo film, possiamo individuarlo nella mancanza di personalità del protagonista. Bisogna tuttavia ricordare che L’ultimo lupo è stato finanziato dalla Cina e, quindi, Chen non poteva essere certo un ribelle. Al contrario il film si pone l’obiettivo di far riflettere i cinesi (e non solo) sullo spinoso problema dell’inquinamento ambientale. La pellicola, anche se manca di quel pathos proprio per le suddette ragioni, ci affascina grazie all’abilità del regista e a quella filosofia esistenziale che vede nel cielo e nella terra il principio e la fine del Tutto

 

In un posto bellissimo

“In un posto Bellissimo”, opera seconda di Giorgia Cecere,  quotata e apprezzata sceneggiatrice, girato ad Asti quale simbolo della vita sonnolenta e ripetitiva della  provincia italiana,  vuole essere il ritratto femminile di un’anima semplice, che ama delegare ad altri le sorti della propria esistenza. Interprete è l’attrice Isabella Ragonese che da corpo a Lucia, sposata con Andrea, madre e co-proprietaria di un negozio di fiori, dove svolge con diligenza il suo lavoro. Lucia è imbrigliata in una passività che le fa mandar giù silenziosamente bocconi amari,  tra questi il tradimento del marito. L’incontro imprevisto con un giovane extracomunitario, con il quale instaura un’ embrionale relazione di solidarietà, metterà a nudo la sua autentica interiorità e determinerà una svolta nella sua esistenza… Ottima l’interpretazione di Alessio Boni, nella parte del marito distaccato, perbene e ipocrita. Il film, nelle intenzioni dichiarate dalla regista in conferenza stampa, vuole essere la raffigurazione di un’ avventura interiore. Se è verissimo, come ha sostenuto la Cecere, che le vicende dell’anima, così ricche di rapide e gorghi, sono quelle che più appassionano, esse hanno un ritmo che nel film non brilla. La lentezza,  la ripetitività delle situazioni, gli spunti lasciati in embrione,  tolgono mordente ad una pellicola ricca di verità, pronta a cogliere in una situazione privata il dramma universale che caratterizza il nostro tempo: quello della paura, dell’incapacità di accogliere il più debole, del rifiuto di andare oltre il proprio ristretto perimetro, in un mondo che invece ci chiama a cambiamenti imprescindibili da un continente all’altro, dove gli extracomunitari, parte integrante del consorzio umano,  non sono che cartina di tornasole della nostra capacità di amare.

PROGRAMMAZIONE CINEMA ITALIA DAL 28-08 AL 30-08

Venerdì 28 agosto ore 21 – L’ULTIMO LUPO di J.J. Annaud

Sabato 29 agosto ore 21 – L’ULTIMO LUPO di J.J. Annaud

Domenica 30 agosto ore 18.30 – L’ULTIMO LUPO di J.J. Annaud

Domenica 30 agosto ore 21 – SEI VIE PER SANTIAGO di L.B. Smith

L’ultimo lupo (Wolf Totem)

Predatori abili, vendicativi e allo stesso tempo riconoscenti fino all’inverosimile, i lupi hanno affascinato gli uomini, che in quest’animale vedevano destrezza e abilità tutte da imitare. Per i popoli guerrieri, questi predatori dagli occhi che quasi illuminano la notte più buia, erano delle divinità da venerare. La stessa Roma, secondo la leggenda, è nata proprio grazie al calore e alla dolcezza di una lupa che allevò Romolo e Remo, primogeniti della città eterna. Un tempo anche nel cuore delle montagne italiane dimoravano branchi di lupi, oggi ridotti a pochi esemplari. La settima arte, dicevamo, ha posato la sua macchina da presa su quest’animale e l’ha fatto attraverso generi diversi. Dal celebre Zanna Bianca (1991) a Balla coi lupi (1990) il cinema ha immortalato il momento in cui il cammino di un uomo s’incrocia con quello di un lupo, dando inizio a una danza intrisa di magia. Il plot è lo stesso anche ne L’ultimo lupo, uscito al cinema il 26 marzo 2015. L’azione si sposta nella Mongolia interna degli anni Sessanta, all’epoca della rivoluzione culturale cinese. Tratto dal libro Il totem del lupo di Jiang Rong, il lungometraggio stupisce per la bellezza delle immagini, realizzate anche per il 3D che, come afferma il regista francese Jean-Jacques Annoud, è efficace non nei campi lunghi e lunghissimi, bensì nei primi e nei primissimi piani. I paesaggi, e non solo i lupi, sono i veri protagonisti di questa pellicola dai toni impressionistici e carica di saggezza, che ha passato miracolosamente la censura del Governo cinese. Il messaggio de L’ultimo lupo è lapalissiano. La trama è semplice ma efficace. Chen Zhen (Feng Shaofeng) è uno studente di Pechino, acculturato, che poco conosce della Mongolia dove vive una comunità di pastori, ai quali Chen deve insegnare a leggere e scrivere, ma sarà quest’antico popolo a dare degli insegnamenti di vita al giovane che ritrova pace e serenità nella steppa, proprio come accade in Giappone a Nathan Algren ne L’ultimo samurai (2003).  Chen non si ribella apertamente agli ordini governativi ma con coraggio decide di salvare dalla morte l’ultimo cucciolo di lupo rimasto e di allevarlo come si fa con un cane. E…se proprio vogliamo trovare un difetto a questo film, possiamo individuarlo nella mancanza di personalità del protagonista. Bisogna tuttavia ricordare che L’ultimo lupo è stato finanziato dalla Cina e, quindi, Chen non poteva essere certo un ribelle. Al contrario il film si pone l’obiettivo di far riflettere i cinesi (e non solo) sullo spinoso problema dell’inquinamento ambientale. La pellicola, anche se manca di quel pathos proprio per le suddette ragioni, ci affascina grazie all’abilità del regista e a quella filosofia esistenziale che vede nel cielo e nella terra il principio e la fine del Tutto

Sei vie per Santiago (Walking the Camino)

Viaggiare significa lasciare a casa una parte di sé, per cercare tra le vie del mondo tutte le risposte intrappolate nei meandri del cuore; e al nostro ritorno, non saremo più gli stessi.
Lydia B. Smith vuole raccontare proprio questo attraverso il documentario Sei Vie per Santiago – Walking the Camino, in cui la filosofia del viaggio acquista un plus valore poiché va ad amalgamarsi nel contesto sacrale del pellegrinaggio, del cammino fatto a piedi, in una strada aspra e meravigliosa, che da Saint Jean Pied de Port attraversa il territorio francese e spagnolo, passando da Pamplona a Burgos, dal Convento di Sant’Antonio a La croce di Ferro e così via per ben 800 km, fino a raggiungere Santiago Di Compostela. Un tragitto conosciuto fin dal Medioevo, tra l’altro dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco, in cui la regista riversa, come sulla tavolozza di un pittore, personalità differenti, ognuno con la propria battaglia, ognuno perso in una strada che ha bisogno di esplorare, spesso senza volerlo o senza saperlo.

Così Annie si lascia guidare dalla spiritualità e dalla competitività di stare al passo con gli altri, rendendosi infine conto che il suo corpo necessita di un passo lentissimo e meraviglioso, perché la vita va assaporata a piccoli sorsi. Per Wayne percorrere il Cammino di Santiago equivale ad onorare la memoria della moglie e nel rimembrare la sua assenza si fa accompagnare dal prete Jack. Misa ha intrapreso la sua lunga passeggiata pensando di ritagliarsi un momento per sé e restare sola, ma William sembra averle scombinato i piani! La tenace brasiliana Sam ha bisogno di ritrovare la forza e prendere in mano la sua esistenza; Thomas lo fa per sport, mentre Tatiana è spinta da una fede incrollabile e con coraggio si cimenta in questo viaggio col figlio di 7 anni e col fratello ateo Alexis, che spera di cambiare, ma alla fine sarà lei a trovarsi diversa.

La macchina da presa si muove con poetica destrezza tra i fili d’erba commossi di rugiada, prati illuminati dal sole, distese di grano che danzano al vento e piccoli ostelli in cui rifugiarsi con l’anima e il corpo, condividendo non solo il cibo, ma anche ansie, dolori, aspettative e gioie.

Credo di essere nata per fare questo film – racconta la Smith – Percorrendo il Cammino mi sono resa conto di quanto sia magico e sacro… non pensavo che sarei stata in grado di captare la sua magia. È un cammino verso il cuore, verso quello che c’è dentro.

La pellicola sa convogliare gli spettatori verso il ghirigori della storica via dei pellegrini, con l’aiuto di una colonna sonora spirituale, in grado di sintonizzarsi perfettamente al battito del cuore. Fa venire voglia di abbandonare tutto il caos della routine quotidiana, mettere da parte i rancori accumulati, le imprecisioni di una vita già programmata; azzerare il rumore del bla bla bla di fondo e alzare unicamente il volume della vita che scorre dentro: fluida, libera, già conscia di quale sia la sua meta.

La regista americana sa prenderci per mano e insegnarci che ognuno ha il suo passo, ma che tutti alla fine raggiungono la vetta; sa farci capire, senza giri di parole e filosofie trascendentali, che la tutta la nostra vita è un viaggio alla scoperta di noi stessi e che dietro la fine si cela sempre un nuovo inizio.

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ingresso intero € 5 – ridotto € 4

solo per il film SEI VIE PER SANTIAGO l’ingresso è unico ad € 4