Mercoledì 30 settembre ore 21 – LA PRIMA LUCE di V. Marra – ingresso unico € 5
Venerdì 02 ottobre ore 21 – LA PRIMA LUCE di V. Marra
Sabato 03 ottobre ore 18.30 – INSIDE OUT di P. Docter – ingresso unico € 4
Sabato 03 ottobre ore 21 – LA PRIMA LUCE di V. Marra
Domenica 04 ottobre ore 16.30 – INSIDE OUT di P. Docter – ingresso unico € 4
Domenica 04 ottobre ore 18.30 e 21 – LA PRIMA LUCE di V. Marra
ingresso unico € 4 proiezione delle 18.30
LA PRIMA LUCE
Vincenzo Marra VINCENZO Marra è in concorso alla Mostra di Venezia nella sezione “Giornate degli autori” con il film “La prima luce”. Nel cast, Riccardo Scamarcio, la cilena Daniela Ramirez e Gianni Pezzolla, il bimbo di otto anni figlio di due persone che si amano, si combattono, si perdono. Nelle sale, uscirà il 24 settembre.
Marra, le sue storie spesso nascono in forma di documentario. Anche in questo caso?
“È un film di finzione ma direi che è più reale del re. I figli, spesso minorenni, sottratti a un genitore dall’altro genitore sono un argomento di estrema urgenza. La potenzialità e l’originalità della vicenda non ne limitano l’attualità. È un argomento mai trattato al cinema prima di adesso: è globalizzazione pure un dramma che oltrepassa le frontiere. Documentandomi, ho scoperto che nel Nord degli Usa una classifica ha stabilito che la paura di perdere i propri figli precede la fobia del terrorismo. Un elemento mica da sottovalutare. Grazie alla verginità di tali fatti ho potuto giocare con i generi e creare tensione nello spettatore, al di là della cronaca; ed è importante portare il film a Venezia. È la mia settima volta alla Mostra, momento indispensabile del mio mestiere. Io non vado in laguna per passeggiare e bere drink”.
“La prima luce” è ispirato ad avvenimenti che ha vissuto?
“Ero in un bar a Roma e un uomo mi confidò la sua sventura: tornò a casa e la moglie e il figlio erano scomparsi. Chi subisce un dolore così vuole raccontarlo ad altri per tentare la catarsi. Da quella confessione ho immaginato il mio film, che non ha uno sviluppo ultra negativo come impone la tradizione italiana”.
INSIDE OUT
Inside Out è un film da vedere e rivedere. Ingegnoso, divertente, talvolta struggente, ritmato e – mai parola è stata più azzeccata – emozionante. Con incassi attorno ai 750 milioni di dollari nel mondo, è uno dei colpi migliori assestati dalla Disney-Pixar. Non è certo un caso che alla regia ci sia lo statunitense Pete Docter, già sceneggiatore di Toy Story – Il mondo dei giocattoli eWALL•E e premio Oscar al miglior film d’animazione per il dolcissimo UP. Una nuova nomination all’Academy Award è assicurata. Chissà che non giunga anche una nuova statuetta. Ad aiutarlo come co-regista Ronnie Del Carmen.
Inside Out ci porta nella testa dell’undicenne Riley. Nel quartier generale, a governare le reazioni della bambina c’è un affiatato e buffo quintetto di emozioni antropomorfe: la leader è Gioia, solare, con corpo da fata; accanto a lei ci sono Tristezza, blu, bassa e tondetta, occhialoni e maglione a collo alto, sempre giù di morale; Paura, che tiene in guardia Riley, è viola e magrissimo e pronto a drammatizzare su tutto; Rabbia è tarchiatello e ovviamente rosso, in camicia e cravatta; Disgusto è verde e stilosa. Sono solo cinque le emozioni immaginate dalla Pixar alla guida dell’umanità eppure sono una sintesi perfetta.
In fase di preparazione “ci siamo divertiti a leggere Freud e Jung… pur non essendo letture leggere. La verità è che nessuno sa come l’uomo veramente funzioni, e per questo ci sono tante teorie e filosofie, spesso in conflitto. La nostra è una versione un po’ più pop di Jung”, ha detto Docter a Roma per presentare il cartoon. Non è stato facile decidere quali emozioni rendere protagoniste: “Avevamo provato orgoglio, speranza, ‘schadenfreude’ (piacere procurato dalla sfortuna degli altri, ndr) ma ci siamo concentrati su cinque. Sono un po’ i nostri sette nani”..