Programmazione Cinema Italia dal 14-03 al 20-03

mercoledì 16 marzo ore 17.30 (€ 4): IL PONTE DELLE SPIE
mercoledì 16 marzo ore 21 (€ 5): IL PONTE DELLE SPIE – cineforum
sabato 19 marzo ore 18.30: UNA VOLTA NELLA VITA – ingresso € 5
sabato 19 marzo ore 21: SUFFRAGETTE
domenica 20 marzo ore 16.30 – 18.30: SUFFRAGETTE
domenica 20 marzo ore 21: SUFFRAGETTE – ingresso € 5

Il ponte delle spie
Brooklyn, 1957. Rudolf Abel, pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato con l’accusa di essere una spia sovietica. La democrazia impone che venga processato, nonostante il regime di guerra fredda ne faccia un nemico certo e terribile. Dovrà essere una processo breve, per ribadire i principi costituzionali americani, e la scelta dell’avvocato cade su James B. Donovan, che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Mentre Donovan prende sul serio la difesa di Abel, attirandosi l’incomprensione se non il disprezzo di sua moglie, del giudice e dell’opinione pubblica intera, un aereo spia americano viene abbattuto dai sovietici e il tenente Francis Gary Powers viene fatto prigioniero in Russia. Si profila la possibilità di uno scambio e la CIA incarica Donovan stesso di gestire il delicatissimo negoziato.
L’intro hitchcockiano cede man mano il passo ad uno svolgimento sempre più letterario, dove il racconto è già leggenda e ancora incertissimo presente, come esemplifica l’immagine tombale del muro di Berlino; e dove il Donovan di Tom Hanks sembra rispondere al paradigma dell’everyman, cappotto cappello ombrello, se non fosse che, nel cinema di Spielberg più che mai, l’apparenza in qualche modo inganna.
Donovan è infatti qualcuno che incarna il mestiere che fa, lo onora come una “professione”.
In un’epoca come la nostra, di sospetti quotidiani, intercettazioni isteriche, identificazioni affrettate di un uomo col suo credo, il suo abito o la sua provenienza, Il ponte delle spie è un film di bruciante attualità, profondamente consapevole della dignità della professione artistica e della sua funzione sociale
Una volta nella vita
Nella banlieu di Créteil, a sud-est di Parigi, il crogiolo di etnie e differenti confessioni religiose ha numeri ben sopra la media. Al liceo Léon Blum, in particolare, c’è una classe multiculturale litigiosa e indisciplinata che crea problemi al preside e al corpo docente. Solo la professoressa di storia, Anne Gueguen, pare essere in grado di farsi ascoltare da quei ragazzi. Non solo: contro il parere di tutti, inizialmente scoraggiata dagli studenti stessi, la Gueguen sceglie proprio la seconda esplosiva, anziché la gemella “europea” e più disciplinata, per partecipare al concorso nazionale della Resistenza e della Deportazione (CNRD) indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’incontro con la memoria della Shoah avrà un impatto indelebile sulla vita e sul comportamento dei ragazzi della banlieu.
Fuor di finzione, l’esperienza reale del concorso letterario è stata di grande stimolo per il giovane Ahmed Dramé, che ha contattato la regista Marie-Castille Mention-Schaar e rievocato con lei quell’anno di liceo, e fornendole la base di partenza per questo film.
Quello che la professoressa insegna con successo è: il dovere, prima, di trovare le proprie parole, e di non cadere nella trappola terribile del silenzio-assenso, e poi di fermare quelle stesse parole, non solo quelle irrispettose e inaccettabili, ma tutte, e di opporre loro un silenzioso rispetto. Quando, nel museo dell’Olocausto, sono le ragazzine stesse a dire con un fil di voce che hanno deciso di trattenersi, che l’altro impegno è rimandabile mentre questo no, il film è arrivato a segno, nella sua vocazione didattica e non solo.
La scuola, origine e destinatario ideale di questo lavoro, è ritratta, con ottimismo e speranza, come il luogo possibile della trasmissione, non solo del sapere, ma ancor più del saper imparare
Suffragette
Londra, 1912. Maud Watts è una giovane donna occupata nella lavanderia industriale di Mr. Taylor, un uomo senza scrupoli che abusa quotidianamente delle sue operaie. Alcune di loro combattono da anni a fianco di Emmeline Pankhurst, fondatrice carismatica e ricercata della Women’s Social and Political Union. Solidali e militanti, le suffragette combattono per i loro diritti e per il loro diritto al voto. Ignorate dai giornali, che temono gli strali della censura governativa, e dai politici, che le ritengono instabili e inette fuori dai confini concessi, decidono unite di passare alle maniere forti. Pietre contro le vetrine, boicottaggio delle linee telegrafiche, bombe in edifici rappresentativi (ma vuoti), scioperi della fame, tutto è lecito per avanzare la causa. Mite e appartata, Maud diventa presto una militante appassionata e decisa a vendicare le violenze in fabbrica e a riscattare una vita che la costringe alle dipendenze degli uomini. Arrestata più volte, perde il lavoro e viene ‘ripudiata’ dal marito che la caccia di casa e adotta a una famiglia borghese il loro bambino. Rimasta sola trova ragione e forza nella lotta politica, attirando con le sue sorelle l’attenzione del mondo che adesso dovrà starle a sentire.
Quello che è certo per la Gravon è il prezzo pagato dalle donne che l’hanno perpetrata dentro una società reazionaria e che il suo melodramma sociale mette in scena in maniera forte e dolente, chiudendo sul funerale di Emily Davison e sull’idea di farci dono di un modello da seguire. Perché la strada da fare è ancora lunga e scorre sui titoli di coda indicanti le date di conseguimento del voto, raggiunto dalle donne britanniche nel 1918 (in maniera incompiuta). Le italiane ventisei anni dopo. In Arabia Saudita il diritto al voto è stato concesso a partire dal 2015.

Programmazione Cinema Italia dal 07-03 al 13-03

mercoledì 09 marzo ore 16.30 (€ 4) – 21 (€ 5): MACBETH
mercoledì 09 marzo ore 18.45: IL SENTIERO DELLA FELICITA’ – ingresso € 5
sabato 12 marzo ore 18.30 – 21: SPOTLIGHT
domenica 13 marzo ore 16 – 18.30: SPOTLIGHT
domenica 13 marzo ore 21: SPOTLIGHT – ingresso € 5

Macbeth
Macbeth, valoroso condottiero, cede alla propria sete di potere per seguire la profezia che lo ha indicato come il futuro re di Scozia, fomentato dalla moglie la cui ambizione è assai più intensa e frustrata della propria. L’ascesa al trono di Macbeth prevede l’eliminazione fisica del reggente in carica, e sarà seguita da una serie di delitti sempre più efferati, poichè l’uomo, divorato da dubbi e paure, vede ostacoli in chiunque. E Lady Macbeth si renderà conto di aver creato un mostro che non può più controllare.
Difficile ridurre la trama di uno dei capolavori di Shakespeare in poche righe, perchè la quantità di livelli di lettura e di significati insiti nel testo è quasi illimitata, nonostante la brevità della narrazione: una brevità che consente a Justin Kurzel, il regista di questo settimo adattamento cinematografico di Macbeth, di riportare fedelmente sul grande schermo l’intera storia, conservando nella loro interezza (e complessità linguistica) i dialoghi shakespeariani.
Il sentiero della felicità
La vita e il messaggio dello swami Paramahansa Yogananda (1893 – 1952), portavoce della tradizione yogica in occidente e autore del best seller Autobiografia di uno Yogi. L’infanzia nel continente indiano, la morte della madre, il decennio di apprendimento nell’eremo del maestro Sri Yukteswar, l’approdo a Boston e la sua prima relazione: La scienza della religione, il trasferimento a Los Angeles e la fondazione del Self-Realization  Fellowship, le conferenze itineranti e il successo, le calunnie della stampa statunitense, il ritorno in India e il contatto con Gandhi, la morte del suo guru, l’ultimo addio al termine di un discorso.
Spotlight
Al Boston Globe nell’estate del 2001 arriva da Miami un nuovo direttore, Marty Baron. E’ deciso a far sì che il giornale torni in prima linea su tematiche anche scottanti, liberando dalla routine il team di giornalisti investigativi che è aggregato sotto la sigla di Spotlight. Il primo argomento di cui vuole che il giornale si occupi è quello relativo a un sacerdote che nel corso di trent’anni ha abusato numerosi giovani senza che contro di lui venissero presi provvedimenti drastici. Baron è convinto che il cardinale di Boston fosse al corrente del problema ma che abbia fatto tutto quanto era in suo potere perché la questione venisse insabbiata. Nasce così un’inchiesta che ha portato letteralmente alla luce un numero molto elevato di abusi di minori in ambito ecclesiale.
Lo scandalo che, a cavallo tra il 2001 e il 2002, travolse la diocesi di Boston diede il via a una indispensabile, anche se comunque sempre troppo tardiva, presa di coscienza in ambito cattolico della piaga degli abusi di minori ad opera di sacerdoti. Il film di Thomas McCarthy, rispettando in pieno le regole del filone che ricostruisce attività di indagine giornalistiche che hanno segnato la storia della professione, ha anche però il pregio di rivelarsi efficace nel distaccarsene almeno in parte.
Un film come Spotlight è cinematograficamente efficace anche perché sorretto da un cast di attori tutti aderenti al ruolo (con in prima fila un Michael Keaton che sembra aver trovato una nuova giovinezza interpretativa). Miglior film oscar 2016 e miglior….

Lourdes – 14 marzo – ore 21 – Cinema Italia

Il Cinema Italia di Dolo assieme a i Teatri del Sacro, Federgat, Acec, AcecTriveneta,
Chiesa di Padova e Attimo di Pace propongo, durante il periodo di quaresima,

uno spettacolo teatrale dal titolo

LOURDES

(spettacolo vincitore dei Teatri del Sacro 2015).
La rappresentazione avverà il giorno 14 marzo 2016 – ore 21 – ingresso unico € 7.


Dall’omonimo romanzo d’esordio di Rosa Matteucci (Adelphi, 1998), lo spettacolo dà vita a un divertente carnevale di personaggi, ciascuno con le proprie aspettative e speranze, tutti in viaggio verso Lourdes, tutti in attesa di un miracolo.
Il linguaggio misto di aulico e dialettale, i numerosi coprotagonisti o anche piccole apparizioni, coralmente disegnano un’umanità così disperata da sconfinare nella più grande comicità. E’ una sorta di mistero buffo contemporaneo, decisamente connotato in senso grottesco che, nell’interpretazione di Andrea Cosentino, si apre a una spettacolarizzazione al contempo popolare e virtuosistica.
Lo spettacolo traccia una strada sghemba e irregolare verso quello che è tutti gli effetti un abbandono alla fede e dunque una conversione.

link di riferimento:
http://www.unattimodipace.it/
http://www.iteatridelsacro.it/spettacolo/lourdes/

 

Programmazione Cinema Italia dal 29-02 al 06-03

mercoledì 02 marzo ore 17: PERFETTI SCONOSCIUTI – ingresso € 4
mercoledì 02 marzo ore 19 – 21: IL FIGLIO DI SAUL – ingresso € 5
giovedì 03 marzo ore 18: IL FIGLIO DI SAUL – ingresso € 4
giovedì 03 marzo ore 20.30: IL GRANDE DITTATORE – ingresso € 5
sabato 05 marzo ore 18.30: ZOOTROPOLIS – ingresso € 5
sabato 05 marzo ore 21: THE DANISH GIRL
domenica 06 marzo ore 16.45: ZOOTROPOLIS – ingresso € 5
domenica 06 marzo ore 19 – 21.15: THE DANISH GIRL

Programmazione Cinema Italia dal 22-02 al 28-02

mercoledì 24 febbraio ore 16.30 (€ 4) – 21 (€ 5): IL LABIRINTO DEL SILENZIO
mercoledì 24 febbraio ore 19: PERFETTI SCONOSCIUTI
sabato 27 febbraio ore 18.30: ZOOTROPOLIS
sabato 27 febbraio ore 21: PERFETTI SCONOSCIUTI
domenica 28 febbraio ore 16.30: ZOOTROPOLIS
domenica 28 febbraio ore 18.30 – 21: PERFETTI SCONOSCIUTI 
Il labirinto del silenzio
Francoforte, 1958. Johann Radmann è un giovane procuratore deciso a fare sempre ‘quello che è giusto’. Un principio, il suo, autografato sulla foto del genitore, scomparso alla fine della Seconda Guerra Mondiale e di cui conserva un ricordo eroico. Ma i padri della nazione, quella precipitata all’’inferno da Hitler, a guardarli bene sono più mostri che eroi e Johann dovrà presto affrontarli.
La Shoah ha marcato il secolo scorso con un ’impronta unica e tragica, influenzando in maniera decisiva i nostri modelli di rappresentazione e particolarmente il cinema. Questa ‘influenza’ continua a interrogare autori, critici ed esperti e a produrre opere che aiutano a convivere col passato, un passato che non può e non deve passare. E di passato e della sua rielaborazione dice (molto bene) Il labirinto del silenzio di Giulio Ricciarelli, regista italiano naturalizzato tedesco, che assume il cinema come metodo d’’investigazione e approccia il soggetto con l’’eloquio lento del ‘diritto’.
Con Il labirinto del silenzio assistiamo precisamente a uno slittamento dal piano della visione a quello dell’’ascolto, dalla potenza delle immagini a quella delle parole.
 
Perfetti sconosciuti
Quante coppie si sfascerebbero se uno dei due guardasse nel cellulare dell’altro? È questa la premessa narrativa dietro la storia di un gruppo di amici di lunga data che si incontrano per una cena destinata a trasformarsi in un gioco al massacro. E la parola gioco è forse la più importante di tutte, perché è proprio l’utilizzo “ludico” dei nuovi “facilitatori di comunicazione” – chat, whatsapp, mail, sms, selfie, app, t9, skype, social – a svelarne la natura più pericolosa: la superficialità con cui (quasi) tutti affidano i propri segreti a quella scatola nera che è il proprio smartphone (o tablet, o pc) credendosi moderni e pensando di non andare incontro a conseguenze, o peggio ancora, flirtando con quelle conseguenze per rendere tutto più eccitante. I “perfetti sconosciuti” di Genovese in realtà si conoscono da una vita, si reggono il gioco a vicenda e fanno fin da piccoli il gioco della verità, ben sapendo che di divertente in certi esperimenti c’è ben poco. E si ostinano a non capire che è la protezione dell’altro, anche da tutto questo, a riempire la vita di senso.
Paolo Genovese affronta di petto il modo in cui l’allargarsi dei cerchi nell’acqua di questi “giochi” finisca per rivelare la “frangibilità” di tutti: e la scelta stessa di questo vocabolo al limite del neologismo, assai legato alla delicatezza strutturale di strumenti così poco affidabili e per loro stessa natura caduchi come i nuovi media, indica la serietà con cui il team degli sceneggiatori ha lavorato su un argomento che definire spinoso è poco, visto che oggi riguarda (quasi) tutti. Per una volta il numero degli sceneggiatori (cinque in questo caso, fra cui lo stesso Genovese, senza contare l’intervento importante degli attori che si sono cuciti addosso i rispettivi dialoghi) non denota caos e debolezza strutturale, ma sforzo corale per raccontare una storia che è intrinsecamente fatta di frammenti (verrebbe da dire di bit, byte e pixel), corsa ad aggiungere esempi sempre più calzanti tratti dal reale.
Zootropolis 
Il mondo animale è cambiato: non è più diviso in due fra docili prede e feroci predatori, ma armoniosamente coabitato da entrambi. Judy è una coniglietta dalle grandi ambizioni che sogna di diventare poliziotta, poiché le è stato insegnato che tutto è possibile in questo nuovo mondo. Nick è una volpe che vive di espedienti nella capitale, Zootropolis, dove Judy, dopo un’estenuante training in accademia, approda come ausiliaria del traffico. Toccherà a loro, inaspettatamente uniti, risolvere il mistero dei 14 animali scomparsi che tutta la città sta cercando e sventare i piani di chi vuole impossessarsi del potere locale, secondo l’atavico principio dividi et impera.
Zootropolis, cartone Disney supervisionato dall’onnipotente John Lasseter, affronta di petto la tematica più attuale di tutte: l’uso della paura come strumento di governo. E va a toccare un altro degli argomenti più sensibili in ogni epoca, ovvero l’esistenza (o meno) di una predisposizione biologia al crimine per alcune razze e alcune etnie. Ma si spinge anche oltre, andando ad analizzare il rapporto fra massa ed élite, nonché l’opportunità (o meno) di sopprimere la natura selvaggia e istintiva sacrificandola all’ordine sociale, flirtando con l’eterno dilemma se nella formazione degli individui, e delle società, conti maggiormente la natura o la cultura.
In realtà il discorso portante è quello dell’autodeterminazione a dispetto della propria limitata dotazione di base: un discorso che, da Monsters & Co a Planes a Turbo, attraversa molta animazione recente. È la filosofia “Yes you can” che ha portato alla presidenza americana un afroamericano e che sta alle radici del (nuovo) sogno americano. Il corollario di questa filosofia è l’ostinazione “ottusa” di Judy a “non mollare mai”, perché nessuno può dirle ciò che può essere e non essere, ciò che può e non può fare.

Programmazione Cinema Italia dal 01-02 al 07-02

Mercoledì 03 febbraio ore 17.30-19.15-21: FRANCOFONIA – ingresso € 5
Sabato 06 febbraio ore 18.30 – 21: QUO VADO?
Domenica 07 febbraio ore 16.30: IL VIAGGIO DI NORM – ingresso € 5
Domenica 07 febbraio ore 18.30 – 21: QUO VADO? – ingresso € 5

Francofonia
Ancora un museo nel cinema di Sokurov. Un museo e la necessità di un’arca. Dopo l’Hermitage, il Louvre. Arche che preservano le arti, teche ove custodire tesori immortali, collezioni in cui, come infinito nel finito, si raccoglie la memoria dei secoli e della Storia dell’uomo. La Storia. Il potere. I capricci dei tiranni. Da Napoleone a Hitler. Tiranni che si fanno autocelebrare nelle opere d’arte, o che ambiscono a raccogliere, collezionare arte da tutto il mondo, per celebrare la propria (vana) gloria. L’ultimo, eccezionale tassello della straordinaria filmografia di Sokurov, unisce – in modo più esplicito e dichiarato di “Arca Russa” (magari meno sottile ma non meno seducente) – le due colonne portanti della poetica del cineasta russo: il potere, che esprime il peggio dell’uomo, e l’arte, in cui l’uomo si sublima. Un dialogo tragico e affascinante, foriero di inesauribili contraddizioni. Sokurov fa collidere l’eccelso con il triviale, l’arte con l’orrore immane di guerre e tirannie. Pone interrogativi, lascia aperte le questioni.
Dunque, il Louvre. Francofonia. Una giovane donna dal cappello frigio ci guida per le sale del Louvre: è Marianne, simbolo tradizionale della Repubblica francese. Per quelle sale, incontreremo e dialogheremo poi con Napoleone, fiero delle collezioni artistiche raccolte, molte delle quali razziate durante le sue campagne militari. “Tutto ciò che esiste è qui“: il Louvre di Sokurov è metonimia del mondo, arca universale. In esso, ogni epoca, ogni civiltà è chiamata a raccolta, all’ombra della Nike di Samotracia dalle meravigliosi ali. …La vittoria alata, priva di testa, che celebra, ancora una volta, un trionfo militare. Il potere che calpesta l’arte è lo stesso che ne ha bisogno; l’arte si trova costretta a cercare di sopravvivere alle intemperie della Storia, ma dalle vicissitudini umane trae alimento. Anche dalle più terribili, e proprio il cinema di Sokurov è lì a dimostrarlo. Dal triviale scaturisce il sublime, come scintilla da un attrito. Anche la scintilla del genio artistico.
 
Quo vado?
Checco Zalone non ha ancora esaurito le idee, a ben guardare il successo che continua a raccogliere pellicola dopo pellicola. La sua è un’ascesa continua sia in termini economici che in termini di pubblico, visto che i suoi film sono destinati ad incarnare il nuovo concetto di “nazional popolare”: alla portata di tutti, vengono apprezzati e compresi senza alcuna distinzione di età o estrazione sociale. In poche parole, Zalone fa ridere chiunque. Ormai giunto al suo quarto lungometraggio, le gag non sono mai ripetitive nonostante il suo personaggio resti sempre fedele a se stesso: il sempliciotto di paese, il cosiddetto “italiano medio”, quello pieno di pregiudizi ma che in fondo ispira simpatia proprio per la sua veracità.
Anche in Quo Vado? il protagonista si chiama Checco Zalone e, sebbene non sia più un ragazzino, abita ancora con mamma e papà. Il suo più grande sogno da bambino era diventare un “posto fisso” e il padre, grazie alla classica raccomandazione, riesce a farlo entrare in un ufficio pubblico a mettere timbri. Fidanzato ma con nessuna intenzione di sposarsi (nella sua vita c’è un’altra donna: la madre!), la vita di Checco subisce uno scossone quando viene approvata la legge che elimina le province. Il suo lavoro è in bilico e ci sono solo due possibilità tra cui scegliere: firmare le dimissioni e ricevere una piccola buona uscita oppure accettare un trasferimento. Checco opta per la seconda, seguendo i consigli dell’ex senatore Binetto (interpretato da un divertentissimo Lino Banfi). Il dirigente incaricato di risolvere ogni contratto pendente è una vera lady di ferro (credibilissima in questi ruoli l’attrice Sonia Bergamaschi) che lo sposta da una parte all’altra del Paese al solo scopo di farlo desistere, ma lo spirito d’adattamento e soprattutto la venerazione per il posto fisso permetteranno a Checco di trovarsi bene in qualsiasi posto. Anche… al Polo Nord! Lì il povero impiegato troverà nuovi valori, nuovi stimoli e soprattutto l’amore. Ma nessuno immagina quali saranno le ‘disastrose’ conseguenze di tutto questo…
In Quo vado? il mito del posto fisso è estremizzato: divertenti le scene in cui Lino Banfi si sveglia nel cuore della notte per ammonirlo: “Non lasciare il posto fisso a nessun costo, non firmare!”. Checco Zalone conosce perfettamente quali siano i difetti dell’Italia e gioca con loro, facendone una parodia esagerata ma estremamente veritiera. Il film regala battute e situazioni divertenti, eppure le maggiori risate sono dovute al fatto di finire inevitabilmente col riconoscere nella storia le tare dell’intero popolo italiano. Zalone le esaspera e a volte le ridicolizza, eppure il ritratto finale è ineccepibile: sdrammatizzandoli e svelandoli senza pudore l’attore ha conquistato il cuore dell’Italia che, per quanto possa essere imperfetta, sa ancora ridere di se stessa e dei suoi vizi.
 
Il viaggio di Norm
Un orso polare vegano e ballerino a zonzo per le strade di New York
Norm, un orso bianco e vegano e ballerino con la straordinaria capacità di parlare la lingua umana, deve lasciare il Polo Nord per raggiungere New York e fermare lo spietato costruttore Mr. Grenne, che sta per mettere in atto un piano di edificazione del Circolo Polare Artico destinato a mandarne in frantumi l’ecosistema.
Il film è diretto da Trevor Wall, al suo debutto al lungometraggio dopo aver realizzato numerosi episodi di Sabrina, vita da strega. Nella versione originale, a prestare la voce a Norm è Rob Schneider, conosciuto soprattutto per aver preso parte a numerose commedie di successo (Mamma, ho riperso l’aereo: mi sono smarrito a New York, Big Daddy – Un papà speciale, Gigolò per sbaglio, Un weekend da bamboccioni).

Programmazione Cinema Italia dal 25-01 al 31-01

Mercoledì 27 gennaio ore 16.30: IQBAL: BAMBINI SENZA PAURA – ingresso € 4
Mercoledì 20 gennaio ore 18.30 e 21: DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES – ingresso € 5
Sabato 30 gennaio ore 18.30 e 21: QUO VADO?
Domenica 31 gennaio ore 15.30: IQBAL: BAMBINI SENZA PAURA – ingresso € 4
Domenica 31 gennaio ore 17.30-19.30-21.15: QUO VADO?

IQBAL – bambini senza paura
Iqbal: Bambini senza paura è un film che traspone e alleggerisce in chiave animata la cruda realtà dello schiavismo e dello sfruttamento minorile. Un’opera che bilancia la delicatezza del tratto grafico con il coraggio della storia reale cui s’ispira.
Iqbal Masih è un bambino pakistano e, nel 1995, quando muore, ha solo dodici anni. Il suo nome però passerà ai posteri, divenuto il piccolo Iqbal simbolo dell’attivismo contro il cappio dello sfruttamento del lavoro minorile. La sua infatti è la storia terribile ma anche piena di coraggio di un bambino che iniziò a lavorare a soli quattro anni, venduto poi come schiavo per pagare i debiti della sua famiglia e costretto a lavorare oltre dieci ore al giorno pur di fare salva la pelle, ma che infine si ribellò alla sua schiavitù scappando dal suo ‘carceriere’. Poco dopo morì per colpa di uno sparo partito non si sa bene da chi o come, ma la sua storia divenne una dimostrazione di coraggio e un monito per il mondo, affinché queste orribili vicende di oppressione e tratta dei minori possano essere definitivamente debellate. Da questa storia vera nasce l’ispirazione per Iqbal: Bambini senza paura, un film d’animazione italo-francese realizzato con una tecnica mista di animazione su scenografie disegnate. La storia, rivisitata, è quella del piccolo Iqbal, bravissimo nell’annodare tappeti, talmente bravo da esser in grado di realizzare perfino il pregiatissimo e richiestissimo tappeto Bangapur. Causa la malattia del fratello e l’impossibilità di pagare le medicine, Iqbal partirà alla volta della città convinto di vendere la sua fedele capretta per ricavarne il denaro necessario per i farmaci. Ma sulla sua strada s’imbatterà nel furfante Hakeem, che facendogli credere di aiutarlo lo venderà invece al suo compare Guzman, un uomo senza scrupoli che insieme alla moglie ha messo su un traffico illecito di bambini, comprati come schiavi e poi messi a lavorare senza sosta alla fabbricazione dei tappeti. Deciso a ribellarsi a quella vita, Iqbal diventerà il motore di una rivoluzione destinata a fare scuola.
Dio esiste e vive a Bruxelles
Ea, ragazzina di 11 anni, vive a Bruxelles e racconta la propria storia, dicendo di essere figlia di Dio, uno odioso, antipatico e dedito a rendere miserabile l’esistenza degli uomini. Per uscire da una situazione insostenibile, Ea si appropriarsi di nascosto del computer del padre e ne approfitta per inviare a tutti gli esseri umani un sms con la data della rispettiva morte. In più sceglie come collaboratore il barbone Victor e lo incarica di prendere appunti per scrivere un Nuovo Testamento…
“È un film stupefacente, pieno di trovate e di gag, con un tema altissimo e un sottotesto profondo e dolente, insomma è quasi un capolavoro, e usiamo il ‘quasi’ solo per prudenza. Immaginate una versione meno snob di ‘Il favoloso mondo di Amélie’ arricchita dall’umorismo cosmico dei fratelli Coen, con il copione riveduto da Charlie Kaufman, lo sceneggiatore di ‘Se mi lasci ti cancellò e di altri film che mixano stili e piani narrativi in totale libertà. (…) ‘Dio esiste e vive a Bruxelles’ dura 113 minuti e contiene come minimo 113 idee folgoranti: non c’è una sequenza nella quale Van Dormael e il suo sceneggiatore Thomas Gunzig non si inventino qualcosa, dal pentodi vista visivo e da quello narrativo. (…) Il film di Van Dormael, nella sua apparenza spensierata e a tratti fragorosamente spassosa, descrive un universo parallelo nel quale gli apostoli diventano 18 e le regole vengono rovesciate nell’opposto di se stesse. Vedendolo vi divertirete, ma poi vi ritroverete alle prese con mille domande dalle risposte assai difficili.”
Quo vado?
Checco Zalone non ha ancora esaurito le idee, a ben guardare il successo che continua a raccogliere pellicola dopo pellicola. La sua è un’ascesa continua sia in termini economici che in termini di pubblico, visto che i suoi film sono destinati ad incarnare il nuovo concetto di “nazional popolare”: alla portata di tutti, vengono apprezzati e compresi senza alcuna distinzione di età o estrazione sociale. In poche parole, Zalone fa ridere chiunque. Ormai giunto al suo quarto lungometraggio, le gag non sono mai ripetitive nonostante il suo personaggio resti sempre fedele a se stesso: il sempliciotto di paese, il cosiddetto “italiano medio”, quello pieno di pregiudizi ma che in fondo ispira simpatia proprio per la sua veracità.
Anche in Quo Vado? il protagonista si chiama Checco Zalone e, sebbene non sia più un ragazzino, abita ancora con mamma e papà. Il suo più grande sogno da bambino era diventare un “posto fisso” e il padre, grazie alla classica raccomandazione, riesce a farlo entrare in un ufficio pubblico a mettere timbri. Fidanzato ma con nessuna intenzione di sposarsi (nella sua vita c’è un’altra donna: la madre!), la vita di Checco subisce uno scossone quando viene approvata la legge che elimina le province. Il suo lavoro è in bilico e ci sono solo due possibilità tra cui scegliere: firmare le dimissioni e ricevere una piccola buona uscita oppure accettare un trasferimento. Checco opta per la seconda, seguendo i consigli dell’ex senatore Binetto (interpretato da un divertentissimo Lino Banfi). Il dirigente incaricato di risolvere ogni contratto pendente è una vera lady di ferro (credibilissima in questi ruoli l’attrice Sonia Bergamaschi) che lo sposta da una parte all’altra del Paese al solo scopo di farlo desistere, ma lo spirito d’adattamento e soprattutto la venerazione per il posto fisso permetteranno a Checco di trovarsi bene in qualsiasi posto. Anche… al Polo Nord! Lì il povero impiegato troverà nuovi valori, nuovi stimoli e soprattutto l’amore. Ma nessuno immagina quali saranno le ‘disastrose’ conseguenze di tutto questo…
In Quo vado? il mito del posto fisso è estremizzato: divertenti le scene in cui Lino Banfi si sveglia nel cuore della notte per ammonirlo: “Non lasciare il posto fisso a nessun costo, non firmare!”. Checco Zalone conosce perfettamente quali siano i difetti dell’Italia e gioca con loro, facendone una parodia esagerata ma estremamente veritiera. Il film regala battute e situazioni divertenti, eppure le maggiori risate sono dovute al fatto di finire inevitabilmente col riconoscere nella storia le tare dell’intero popolo italiano. Zalone le esaspera e a volte le ridicolizza, eppure il ritratto finale è ineccepibile: sdrammatizzandoli e svelandoli senza pudore l’attore ha conquistato il cuore dell’Italia che, per quanto possa essere imperfetta, sa ancora ridere di se stessa e dei suoi vizi.
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Programmazione Cinema Italia dal 18-01 al 24-01

Mercoledì 20 gennaio ore 18.00: DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES – ingresso € 5
Mercoledì 20 gennaio ore 21: IL PICCOLO PRINCIPE – cineforum
Sabato 23 gennaio ore 18.30 e 21: LA CORRISPONDENZA
Domenica 24 gennaio ore 16-18.30: LA CORRISPONDENZA
Domenica 24 gennaio ore 21: LA CORRISPONDENZA – ingresso € 5

Dio esiste e vive a Bruxelles
Ea, ragazzina di 11 anni, vive a Bruxelles e racconta la propria storia, dicendo di essere figlia di Dio, uno odioso, antipatico e dedito a rendere miserabile l’esistenza degli uomini. Per uscire da una situazione insostenibile, Ea si appropriarsi di nascosto del computer del padre e ne approfitta per inviare a tutti gli esseri umani un sms con la data della rispettiva morte. In più sceglie come collaboratore il barbone Victor e lo incarica di prendere appunti per scrivere un Nuovo Testamento…
“È un film stupefacente, pieno di trovate e di gag, con un tema altissimo e un sottotesto profondo e dolente, insomma è quasi un capolavoro, e usiamo il ‘quasi’ solo per prudenza. Immaginate una versione meno snob di ‘Il favoloso mondo di Amélie’ arricchita dall’umorismo cosmico dei fratelli Coen, con il copione riveduto da Charlie Kaufman, lo sceneggiatore di ‘Se mi lasci ti cancellò e di altri film che mixano stili e piani narrativi in totale libertà. (…) ‘Dio esiste e vive a Bruxelles’ dura 113 minuti e contiene come minimo 113 idee folgoranti: non c’è una sequenza nella quale Van Dormael e il suo sceneggiatore Thomas Gunzig non si inventino qualcosa, dal pentodi vista visivo e da quello narrativo. (…) Il film di Van Dormael, nella sua apparenza spensierata e a tratti fragorosamente spassosa, descrive un universo parallelo nel quale gli apostoli diventano 18 e le regole vengono rovesciate nell’opposto di se stesse. Vedendolo vi divertirete, ma poi vi ritroverete alle prese con mille domande dalle risposte assai difficili.” (Alberto Crespi, 26 novembre 2015)
Il piccolo principe
Il film riprende la vicenda raccontata nel romanzo (un pilota si schianta nel deserto e incontra un bambino che proviene da un pianeta lontano e che gli racconta la sua storia) incrociandola con quella di una bambina senza nome (se lui è The little Prince, lei è The little Girl, la ragazzina). La sua mamma la sta preparando ad una vita di impegno e sacrificio per entrare nel mondo degli adulti, ma mentre sta studiando con dedizione dalla finestra aperta plana sulla sua scrivania un aeroplanino di carta. Così avviene l’incontro tra la ragazzina e l’aviatore, un ipotetico Saint-Exupery ormai invecchiato, ispirato allo scrittore che nella realtà è scomparso a 44 anni. L’aeroplanino è fatto con un foglio strappato su cui è tratteggiata l’iconica immagine del Piccolo Principe, quella creata dallo stesso autore, e che dalla prima edizione del ’43 ha sempre accompagnato la pubblicazione del romanzo. “Il film è anche il riflesso del mio stress di genitore e delle mie paure come adulto: penso che i bambini siano sempre stati stressati, credo di esserlo stato pure io da bambino. Quello che volevamo fare nel film era una specie di satira di quello che vuole dire essere un adulto, un genitore e così ci siamo inventati questa sorta di programma a vita che la mamma impone alla figlia. Quello che vorrei è che i genitori vedendo il film riuscissero a riderne e a dire: oddio siamo noi! Io stesso come genitore devo controllarmi dall’essere un padre troppo preoccupato delle attività dei miei figli, dei loro programmi.  L’impulso di proteggere i nostri figli può rischiare di trasformarci in mostri del controllo e questo è quello che abbiamo cercato di prendere in giro. E sarebbe bello che riuscissimo a ridere di noi stessi ridendo di questa mamma”.
La corrispondenza
“La forza di un sentimento che non conosce ostacoli”
La corrispondenza è una storia d’amore dei nostri tempi. Forse vent’anni fa si sarebbe potuto classificarla come una storia di fantascienza, l’intreccio poteva sembrare qualcosa al di fuori del mondo. Ma oggi no, perché tutto ciò che vi si racconta è assolutamente realistico. E’ una storia sull’amore che non conosce ostacoli di nessuna natura, sulla forza di questo sentimento così grande e misterioso.
L’idea del film,dice Giuseppe Tornatore, come spesso mi è capitato, è molto antica. Originariamente prevedeva un protagonista maschile e diversi personaggi femminili, ma non mi persuadeva del tutto, e continuavo a tenerla chiusa nel cassetto. In seguito ho ritenuto di rimodellare la storia basandola solo su due personaggi, un uomo e una donna. Poi, grazie alle evoluzioni della tecnologia in tema di comunicazione, è diventato un progetto maturo per essere raccontato.
Una giovane studentessa universitaria impiega il tempo libero facendo la controfigura per la televisione e il cinema. La sua specialità sono le scene d’azione, le acrobazie cariche di suspense, le situazioni di pericolo che nelle storie di finzione si concludono fatalmente con la morte del suo doppio. Le piace riaprire gli occhi dopo ogni morte. La rende invincibile, o forse l’aiuta a esorcizzare un antico senso di colpa. Ma un giorno il professore di astrofisica di cui è profondamente innamorata sembra svanire nel nulla. E’ fuggito? Per quale ragione? E perché lui continua a inviarle messaggi in ogni istante della giornata?
Con queste domande, che conducono la ragazza lungo la strada di un’indagine molto personale, inizia la storia del film.

Programmazione Cinema Italia dal 13-01 al 17-01

Mercoledì 13 gennaio ore 18.00: AMY – ingresso € 5
Mercoledì 13 gennaio ore 21: STAR WARS 7 – il risveglio della forza – cineforum
Sabato 16 gennaio ore 18.30 e 21: LA CORRISPONDENZA
Domenica 17 gennaio ore 16-18.30-21: LA CORRISPONDENZA

Amy
Miglior documentario europeo 2015
Candidato Oscar – 2015 miglior documentario
“La cosa più incredibile sono i mille fuori scena ripresi nei momenti più disparati che
ce la restituiscono in tutta la sua faccia tosta e la sua simpatia, qualsiasi cosa stesse facendo. La più toccante sono quei fogli a quadretti pieni di cancellature e cuoricini su cui scriveva i testi strazianti delle sue canzoni.
La scena più sorprendente è quella d’apertura, in cui canta ‘Happy Birthday’ con mille vocalizzi alla festa per i 14 anni di una sua amica – ed è già lei: ‘Amy’, come recita il titolo del bel documentario di Asif Kapadia (…) un piede nel passato e uno nel futuro (…) il film di Kapadia, che oltre a comporre un ritratto davvero complesso e commovente della persona e del suo mondo, costituisce una specie di ‘prova generale’ di ciò che saranno sempre più spesso i documentari oggi che gli archivi pubblici e privati traboccano di immagini riprese su ogni tipo di supporto, che moltiplicano all’infinito le possibilità di raccontare un personaggio. E volendo di reinventarlo, mistificarlo, tirarlo in una direzione o in un’altra, a piacimento. Difficile non pensare che Amy Winehouse è stata vittima anche di questa accelerazione, che non riguarda solo le star, anche se naturalmente la celebrità ce tuplica i rischi. (…)
Ma la cosa più bella del film di Kapadia, che peraltro non fa sconti a nessuno (il padre di Amy minaccia azioni legali), è anche il rispetto con cui tratta una storia così recente e dolorosa.
Limitando al massimo le interviste e usando solo il sonoro, mai le immagini dei testimoni, mentre sullo schermo un montaggio sapiente intreccia filmini di famiglia, dietro le quinte, programmi tv, scherzi con amici e fidanzati ritrovando, dentro questa vita così singolare e insieme così pubblica, un calore e un’intimità davvero incredibili”. (Fabio Ferzetti, ‘Il Messaggero’, 17 maggio 2015)
STAR WARS 7 – il risveglio della forza
Il settimo episodio della saga di Guerre Stellari potrebbe essere considerato per certi versi un remake del primo film (Episodio IV) dotato di diverse variazioni fondamentali. Di quell’esordio ne vuole avere la struttura e ne vuole ricalcare i passi e tutto ciò non fa che mettere in evidenza i punti in cui se ne distacca. Il Risveglio della Forza infatti, al contrario dei 6 film che l’hanno preceduto, ribalta il punto di vista su luce e lato oscuro, trovando così subito un nuovo motivo di interesse sul tema più abusato.
Nonostante infatti la protagonista del film sia indiscutibilmente la giovane Rey, non ci vuole un diploma di sceneggiatura per intuire che probabilmente il protagonista di questa nuova trilogia sarà un altro ancora, perché è un altro l’unico personaggio di cui viene introdotto un dilemma, l’unico ad avere scelte, problemi, conflitti e contrasti interiori. E al momento pare una scelta promettente.
Il Risveglio della Forza parte con 50 minuti di straordinario impatto, passo svelto, petto in fuori e sorriso smagliante, spettacolo puro, una macchina gigantesca che si muove con grazia invidiabile, coniugando effetti moderatamente speciali a soluzioni antiche. J.J. Abrams dimostra di guardare più a Spielberg che a Lucas e Episodio VII non fa eccezione, trabocca di soluzioni tecniche spielberghiane, non ne vuole avere il sentimentalismo naive ma ne abbraccia il montaggio sia interno che tradizionale. Teste che entrano nell’inquadratura, corpi che ne escono svelando qualcos’altro, raccordi annunciati dal nome del personaggio che comparirà, stacchi a strappo alternati alle classiche transizioni riprese da Fortezza Nascosta e ancora svelamenti di dettagli fondamentali che arrivano grazie ad un minimo movimento di macchina, Episodio VII ha una narrazione per immagini fantastica che coniuga le capriole e le evoluzioni viste nei trailer a tutto quel che di “invisibile” ma fondamentale il montaggio sa fare. Così Abrams conquista quel lido agognato da tutti in cui sta la sospensione dell’intrattenimento, la capacità di far correre una storia senza perdere lo sguardo, indirizzare lo spettatore rendendolo sempre conscio dell’ambiente in cui agiscono i personaggi. Il cinema d’avventura migliore
La corrispondenza
“La forza di un sentimento che non conosce ostacoli”
La corrispondenza è una storia d’amore dei nostri tempi. Forse vent’anni fa si sarebbe potuto classificarla come una storia di fantascienza, l’intreccio poteva sembrare qualcosa al di fuori del mondo. Ma oggi no, perché tutto ciò che vi si racconta è assolutamente realistico. E’ una storia sull’amore che non conosce ostacoli di nessuna natura, sulla forza di questo sentimento così grande e misterioso.
L’idea del film,dice Giuseppe Tornatore, come spesso mi è capitato, è molto antica. Originariamente prevedeva un protagonista maschile e diversi personaggi femminili, ma non mi persuadeva del tutto, e continuavo a tenerla chiusa nel cassetto. In seguito ho ritenuto di rimodellare la storia basandola solo su due personaggi, un uomo e una donna. Poi, grazie alle evoluzioni della tecnologia in tema di comunicazione, è diventato un progetto maturo per essere raccontato.
Una giovane studentessa universitaria impiega il tempo libero facendo la controfigura per la televisione e il cinema. La sua specialità sono le scene d’azione, le acrobazie cariche di suspense, le situazioni di pericolo che nelle storie di finzione si concludono fatalmente con la morte del suo doppio. Le piace riaprire gli occhi dopo ogni morte. La rende invincibile, o forse l’aiuta a esorcizzare un antico senso di colpa. Ma un giorno il professore di astrofisica di cui è profondamente innamorata sembra svanire nel nulla. E’ fuggito? Per quale ragione? E perché lui continua a inviarle messaggi in ogni istante della giornata?
Con queste domande, che conducono la ragazza lungo la strada di un’indagine molto personale, inizia la storia del film.