Programmazione Cinema Italia dal 20-04 al 25-04

mercoledì 20 aprile ore 16.30 (€ 4) e 21 (€ 5): REMEMBER – cineforum
mercoledì 20 aprile ore 18.15 (€ 5): FUOCOAMMARE – Orso d’oro Festival di Berlino 2016
sabato 23 aprile ore 18.45: UN BACIO
sabato 23 aprile ore 21: RACE – il colore della vittoria
domenica 24 aprile ore 18.45: UN BACIO
domenica 24 aprile ore 16 e 21: RACE – il colore della vittoria
lunedì 25 aprile ore 19: UN BACIO
lunedì 25 aprile ore 21: RACE – il colore della vittoria
mercoledì 27 aprile ore 16.30 (€ 4) e 21 (€ 5): AVE, CESARE! – cineforum
mercoledì 27 aprile ore 18.30 (€ 4): UN BACIO

Remember
Il 90enne Zev scopre che la guardia nazista che assassinò la sua famiglia circa 70 anni fa vive attualmente in America sotto falso nome. Malgrado le evidenti sfide che la scelta comporta, Zev decide di portare a termine una missione per rendere una giustizia troppo a lungo rimandata ai suoi cari, portandola a compimento con la sua stessa mano ormai tremolante. La sua decisione dà l’avvio a uno straordinario viaggio intercontinentale con conseguenze sorprendenti.
Un coinvolgente thriller, congeniale alla cifra creativa del regista canadese Atom Egoyan, in cui quasi nulla è come ci appare. Non immaginerete neanche lontanamente di quale pasta sia realmente fatto il meticoloso, sofisticato piano di vendetta che vediamo perseguito e messo in scena e infine realizzato. Forse non tutto ha una spiegazione. Ma ciò non disturba più di tanto, anche grazie alle due interpretazioni, che riescono a rendere credibile anche ciò che non lo è
 
Fuocoammare
Gianfranco Rosi è andato a Lampedusa, nell’epicentro del clamore mediatico, per cercare, laddove sembrerebbe non esserci più, l’invisibile e le sue storie. Seguendo il suo metodo di totale immersione, Rosi si è trasferito per più di un anno sull’isola facendo esperienza di cosa vuol dire vivere sul confine più simbolico d’Europa raccontando i diversi destini di chi sull’isola ci abita da sempre, i lampedusani, e chi ci arriva per andare altrove, i migranti. Da questa immersione è nato il documentario che racconta la storia di Samuele che ha 12 anni, va a scuola, ama tirare con la fionda e andare a caccia. Gli piacciono i giochi di terra, anche se tutto intorno a lui parla del mare e di uomini, donne e bambini che cercano di attraversarlo per raggiungere la sua isola. Ma non è un’isola come le altre, è Lampedusa, approdo negli ultimi 20 anni di migliaia di migranti in cerca di libertà. Samuele e i lampedusani sono i testimoni a volte inconsapevoli, a volte muti, a volte partecipi, di una tra le più grandi tragedie umane dei nostri tempi.
Per 108 minuti la narrazione di «Fuocoammare» corre su due binari, da una parte la quiete antica degli isolani, abituati a vivere con il mare e con le sue conseguenze, dall’altra le ondate di migranti, gli avvistamenti, gli sbarchi, le visite mediche, la breve euforia dei sopravvissuti, le lacrime, la conta dei morti. Ma i piani, in modi curiosi e imprevedibili, si intrecciano
– ORSO D’ORO, PREMIO DELLA GIURIA ECUMENICA, AMNESTY INTERNATIONAL FILM PRIZE BERLINER, PREMIO DELLA GIURIA DEI LETTORI DEL “MORGENPOST” AL 66. FESTIVAL DI BERLINO (2016).
– CANDIDATO AI DAVID DI DONATELO 2016 PER: MIGLIOR FILM, REGISTA, PRODUTTORE E MONTATORE.
Un bacio
Lorenzo è un adolescente che arriva a Udine perché adottato da una famiglia dopo che aveva vissuto precedente esperienza negativa di adozione. Lorenzo è dichiaratamente gay. Blu è figlia del proprietario di un’azienda e di un’aspirante scrittrice. Ha un carattere reattivo anche perché a scuola, e sui muri, viene definita ‘una troia’. Antonio è figlio di una guardia giurata e pesa su di lui la presenza del fratello maggiore morto in un incidente. E’ un abile cestista ma i suoi compagni lo considerano un ritardato. Frequentano tutti e tre la III A del Liceo Newton.
I film che hanno come soggetto l’adolescenza e le sue problematiche hanno saldamente incorporata la dicitura ‘maneggiare con cura’. Perché il rischio della retorica e/o dello stereotipo sono presenti ad ogni singola riga della sceneggiatura e in ogni scelta di ripresa, recitazione, montaggio e soundtrack. Lo spettatore si trova spesso dinanzi a uno schema purtroppo ben definito. Ci si occupa di un ragazzo o di una ragazza emarginati e li si circonda di adulti che sono rappresentati o come dei minus habens o come totalmente incapaci di interessarsi a loro sia nel contesto familiare che al di fuori di esso.
Ivan Cotroneo, che scrive la sceneggiatura con Monica Rametta rielaborando un proprio racconto, sa come tenersi a distanza dalle negatività di cui sopra per offrirci un ritratto ad altezza di adolescenza di grande sensibilità e coraggio. Coraggio perché le situazioni vengono affrontate frontalmente senza ammorbidimenti. Lorenzo che ostenta sicurezza ma ha bisogno di rifugiarsi nell’immaginario per trovare quell’ammirazione che il mondo dei coetanei gli nega. Antonio, tanto abile nello sport quanto introverso e chiuso nel relazionarsi con gli altri. Di tutti e tre conosciamo l’ambito familiare in cui incontriamo sensibilità genitoriali diverse ma, ognuna a suo modo, capaci di amore e comprensione.
“Non voglio che mio figlio sia ‘tollerato'” dice il padre adottivo di Lorenzo dinanzi alla preside e ad un’insegnante particolarmente insensibile. Cotroneo fa propria questa affermazione senza però cedere alla tentazione del pamphlet riaffermando con forza il diritto di ognuno a vivere la propria vita e la propria dimensione affettiva secondo tempi che non siano dettati da un contesto sociale che si eriga a normativo in questo ambito. Lorenzo, Blu e Antonio escono così dallo schermo per entrare nella memoria dello spettatore nello spazio in cui stanno i film che non si dimenticano.
Race – il colore della vittoria
L’epica e straordinaria storia del pluricampione del mondo Jesse Owens che, nato povero, ma con un dono atletico straordinario, alle Olimpiadi del 1936 lasciò Berlino e il Terzo Reich senza parole, vincendo quattro medaglie d’oro ed entrando di diritto nella leggenda, arriva domani, 31 marzo, al cinema con il film Race – Il colore della vittoria, diretto da Stephen Hopkins.
Nella pellicola, vedrete Jesse Owens (interpretato dal solido e talentuoso Stephan James) che, nonostante le tensioni razziali in un’America reduce dalla Grande Depressione, riesce ad ottenere la convocazione alle Olimpiadi di Berlino, grazie al supporto del coach dell’Ohio University, Larry Snyder (Jason Sudeikis), e malgrado la volontà di parte del Comitato americano di boicottare le Olimpiadi, in segno di protesta contro Hitler, gli Stati Uniti, grazie alla mediazione di Avery Brundage (Jeremy Irons), parteciperanno all’evento. È così che Jesse riuscirà ad avere l’opportunità di sconfiggere sportivamente e moralmente la Germania nazista. In pratica, compirà una vera impresa storica.
E se vi starete domandando come mai la dittatura tedesca decise di far gareggiare atleti ebrei e di colore ai giochi, be’ la risposta è semplice: i Tedeschi erano convinti che la razza ariana avrebbe la meglio durante la manifestazione sportiva. Ed è in quest’atmosfera burrascosa, fatta di estrema tensione, che fa capolino la regista Leni Riefenstahl (incarnata da Carice Van Houten de Il trono di spade), chiamata a filmare ogni singolo istante dell’evento, proprio per immortalare la supremazia hitleriana.
Ma ahimè… (e per fortuna!) il Terzo Reich verrà spazzato dalle gesta di Jesse Owens, perché lui corre come il vento e nessuno può fermarlo. Ed è così che tutta la fatica, tutti i duri allenamenti, i mille sacrifici e tutte le sofferenze subite da Jesse si trasformeranno nel riscatto di un’intera vita.
Ave, Cesare!
Mentre sull’atollo di Bikini gli Stati Uniti sono impegnati con gli esperimenti sulla bomba H, a Hollywood Eddie Mannix si deve occupare di trovare una soluzione ad un altro tipo di problemi. Eddie è un fixer, cioè colui che deve tenere lontani dagli scandali in cui si vanno a ficcare le star che stanno lavorando ai film di un grande Studio. Deve quindi far sparire foto osé e cercare di camuffare gravidanze fuori dal matrimonio. Quando poi accade che scompaia il protagonista di un film su Gesù, nei panni di un centurione romano, la situazione si complica. Anche perché costui è stato rapito da un gruppo di ferventi comunisti.
Sono davvero pochi i registi in attività forniti di una solida conoscenza di tutti i generi cinematografici e della loro evoluzione nel corso della storia del cinema. I fratelli Coen fanno di diritto parte di questa ristretta cerchia. Il loro pregio ulteriore è quello di saperli declinare secondo letture che vanno dal dramma di impianto intellettuale alla commedia più brillante.

Programmazione Cinema Italia dal 12-04 al 16-04

mercoledì 13 aprile ore 16.30 (€ 4): UN PAESE QUASI PERFETTO
mercoledì 13 aprile ore 18.15: FUOCOAMMARE – Orso d’oro Festival di Berlino 2016
mercoledì 13 aprile ore 21: LA GRANDE SCOMMESSA – cineforum
venerdì 15 aprile ore 18.30: KUNG FU PANDA 3 – ingresso € 5
venerdì 15 aprile ore 21: FUOCOAMMARE – Orso d’oro Festival di Berlino 2016
sabato 16 aprile ore 16.30: KUNG FU PANDA 3 – ingresso € 5
sabato 16 aprile ore 18.45: HEIDI – ingresso € 5
sabato 16 aprile ore 21: REMEMBER – ingresso € 5
mercoledì 20 aprile ore 16.30 (€ 4) E 21 (€ 5): REMEMBER – cineforum
mercoledì 20 aprile ore 18.15: FUOCOAMMARE – Orso d’oro Festival di Berlino 2016

 Un paese quasi perfetto
La storia è ambientata a Pietramezzana, un paese di piccole dimensioni isolato nelle Dolomiti lucane. Questo luogo sperduto rischia seriamente di scomparire, dato che i giovani decidono di abbandonarlo per andare a vivere in città, mentre i pochi rimasti, per la maggior parte ex minatori, si trovano a vivere in una situazione precaria con la cassa integrazione che rischia di tramutarsi in disoccupazione definitiva. Gli abitanti potrebbero scoraggiarsi per questo motivo ed invece non lo fanno affatto, anzi, trascinati da un esuberante Domenico, interpretato da Silvio Orlando, non mollano affatto le speranze. Un giorno, si profila l’ipotesi di apertura di una fabbrica e vedendo in essa la soluzione dei loro numerosi problemi, cercano di attivarsi affinché tutto proceda per il meglio. La prima cosa che gli abitanti pensano di fare è quella di cercare un medico, perché senza questa figura professionale non vi sono speranze di avere una fabbrica. La ricerca termina nel momento in cui si imbattono in Gianluca, alias Fabio Volo, un chirurgo estetico di Milano.
Il difficile per i cittadini di Pietramezzana è convincere l’uomo a rimanere in questo posto fuori dal mondo. Le proveranno davvero tutte, non solo cercando di non fargli mancare le piccole cose quotidiane come sushi, sonorità jazz e connessione internet, ma persino arruolando dei giocatori per formare una squadra di cricket.
 
Fuocoammare
Gianfranco Rosi è andato a Lampedusa, nell’epicentro del clamore mediatico, per cercare, laddove sembrerebbe non esserci più, l’invisibile e le sue storie. Seguendo il suo metodo di totale immersione, Rosi si è trasferito per più di un anno sull’isola facendo esperienza di cosa vuol dire vivere sul confine più simbolico d’Europa raccontando i diversi destini di chi sull’isola ci abita da sempre, i lampedusani, e chi ci arriva per andare altrove, i migranti. Da questa immersione è nato il documentario che racconta la storia di Samuele che ha 12 anni, va a scuola, ama tirare con la fionda e andare a caccia. Gli piacciono i giochi di terra, anche se tutto intorno a lui parla del mare e di uomini, donne e bambini che cercano di attraversarlo per raggiungere la sua isola. Ma non è un’isola come le altre, è Lampedusa, approdo negli ultimi 20 anni di migliaia di migranti in cerca di libertà. Samuele e i lampedusani sono i testimoni a volte inconsapevoli, a volte muti, a volte partecipi, di una tra le più grandi tragedie umane dei nostri tempi.
Per 108 minuti la narrazione di «Fuocoammare» corre su due binari, da una parte la quiete antica degli isolani, abituati a vivere con il mare e con le sue conseguenze, dall’altra le ondate di migranti, gli avvistamenti, gli sbarchi, le visite mediche, la breve euforia dei sopravvissuti, le lacrime, la conta dei morti. Ma i piani, in modi curiosi e imprevedibili, si intrecciano
– ORSO D’ORO, PREMIO DELLA GIURIA ECUMENICA, AMNESTY INTERNATIONAL FILM PRIZE BERLINER, PREMIO DELLA GIURIA DEI LETTORI DEL “MORGENPOST” AL 66. FESTIVAL DI BERLINO (2016).
– CANDIDATO AI DAVID DI DONATELO 2016 PER: MIGLIOR FILM, REGISTA, PRODUTTORE E MONTATORE.
La grande scommessa
Quando quattro investitori visionari – al contrario di quanto mostrato dalle grandi banche, dai media e dal governo stesso – intuiscono che l’andamento dei mercati finanziari avrebbe portato alla crisi mondiale dell’economia, mettono in atto La Grande Scommessa. I loro coraggiosi investimenti li porteranno nei meandri oscuri dei sistemi bancari moderni, facendoli dubitare di tutto e tutti.
E’ un grande film per tre motivi: quel che racconta, come lo racconta e, osiamo, perché lo racconta. Quali sono state le radici del collasso del mercato globale nel 2008? Lo vediamo attraverso gli occhi (undici) di sei addetti ai lavori che ne fiutarono le avvisaglie e agirono di conseguenza, arricchendosi parecchio. L’apripista è Michael Burry (Christian Bale, super), (…) il banchiere fighetto di Deutsche Bank Jared Vennett (Ryan Gosling, perfetto), (…) l’irascibile, abile e cazzuto Mark Baum (Steve Carell: ‘Foxcatcher’ non fu un caso, che attore!) (…). Infine, gli ultimi tre cavalieri di questa apocalisse finanziaria: dal Colorado i giovani Charles Geller (John Magaro) e James Shipley (Finn Wittrock) (…) e il loro passepartout Ben Rickert (Brad Pitt) (…). Sono loro i nostri eroi, ma – è una delle grandezze del film – McKay non lavora sulla immedesimazione, nei fatti impossibile, dello spettatore e nemmeno sull’empatia, che spetta al solo Baum/Carell. Veniamo, appunto, a come The BigShort racconta queste vicende: Vennett /Gosling a far da narratore e guardarci in camera, intromissioni di star quali Margot Robbie e Selena Gomez che provano a spiegarci operazioni e termini finanziari a mo’ di tutorial, macchina da presa in costante e spesso frenetico movimento, riempitivi di ‘found footage’ (la tecnica di presentare un film come una serie di filmati ritrovati e testimonianze) per abbassare la tensione narrativa e, in primis, cognitiva, tutto concorre a una narrazione iperrealistica, quasi extraterrestre, che si attaglia perfettamente all’universo per noi alieno e incomprensibile della finanza. Vi girerà la testa, e potrebbe girarvi qualcos’altro, ma questo è il – migliore – cinema americano: indagare, informare, denunciare (le responsabilità degli organi di controllo governativi furono enormi) e, sperabilmente, far capire.
Kung Fu Panda 3
Il padre di Po, scomparso da tempo, riappare improvvisamente, e il duo finalmente riunito si reca in un “paradiso segreto dei panda” dove incontrerà decine di esilaranti nuovi personaggi. Quando però il super-cattivo Kai comincia a espandersi in tutta la Cina sconfiggendo tutti i maestri di kung fu, Po dovrà fare l’impossibile e addestrarsi, in un villaggio pieno di amanti del divertimento, insieme ai fratelli maldestri, per riuscire a diventare la banda più imbattibile di Kung Fu Panda!
Heidi
Heidi è una bambina felice che vive in compagnia del nonno in una piccola casetta sulle montagne svizzere. Insieme al suo migliore amico Peter si diverte prendendosi cura delle caprette e godendosi la libertà della vita sui monti. Ma queste giornate spensierate si interrompono quando la zia Dete decide di portare Heidi a Francoforte. Lì dovrà fare compagnia a Klara, la figlia del ricco Signor Seseman, e insieme a lei imparare a leggere e scrivere sotto la supervisione della severa signorina Rottnmeier. In città Heidi conoscerà quindi un’amica inseparabile e l’amore per la lettura, ma la nostalgia delle sue amate montagne e di suo nonno si faranno sentire presto.
 
Remember
Il 90enne Zev scopre che la guardia nazista che assassinò la sua famiglia circa 70 anni fa vive attualmente in America sotto falso nome. Malgrado le evidenti sfide che la scelta comporta, Zev decide di portare a termine una missione per rendere una giustizia troppo a lungo rimandata ai suoi cari, portandola a compimento con la sua stessa mano ormai tremolante. La sua decisione dà l’avvio a uno straordinario viaggio intercontinentale con conseguenze sorprendenti.
Un coinvolgente thriller, congeniale alla cifra creativa del regista canadese Atom Egoyan, in cui quasi nulla è come ci appare. Non immaginerete neanche lontanamente di quale pasta sia realmente fatto il meticoloso, sofisticato piano di vendetta che vediamo perseguito e messo in scena e infine realizzato. Forse non tutto ha una spiegazione. Ma ciò non disturba più di tanto, anche grazie alle due interpretazioni, che riescono a rendere credibile anche ciò che non lo è.

Programmazione Cinema Italia dal 06-04 al 10-04

mercoledì 06 aprile ore 16.30 (€ 4) – 21 (€ 5): CAROL – cineforum
mercoledì 06 aprile ore 18.30: UNA VOLTA NELLA VITA – ingresso € 5
sabato 09 aprile ore 18.30: HEIDI – ingresso € 5
sabato 09 aprile ore 21: UN PAESE QUASI PERFETTO
domenica 10 aprile ore 16.30: HEIDI – ingresso € 5
domenica 10 aprile ore 18.30 – 21: UN PAESE QUASI PERFETTO
mercoledì 13 aprile ore 16.30 (€ 4): UN PAESE QUASI PERFETTO
mercoledì 13 aprile ore 18.15: FUOCOAMMARE – Orso d’oro Festival di Berlino 2016
mercoledì 13 aprile ore 21: LA GRANDE SCOMMESSA – cineforum

Carol
Un melodramma intimo che accende cuore e motore, avanzando contro le apparenze
New York, 1952. Therese Belivet è una giovane donna impiegata in un grande magazzino di Manhattan. Richard vorrebbe sposarla, Dannie vorrebbe baciarla ma lei ha occhi solo per Carol, una cliente distinta, rapita da un trenino elettrico e dal suo interesse. Un guanto dimenticato e un trenino acquistato dopo, Carol e Therese siedono ‘affamate’ in un café. Carol ha un marito da cui vuole divorziare e una bambina che vuole allevare, Therese un pretendente incalzante e un portfolio da realizzare. Sole dentro il rigido inverno newyorkese e congelate dalle rigorose convenzioni dell’epoca, Carol e Therese viaggiano verso Ovest e una nuova frontiera, che le scopre appassionate e innamorate. Nell’America della Guerra Fredda, che considerava l’omosessualità come un disturbo sociopatico della personalità, Carol e Therese sfideranno i giudizi morali e scioglieranno l’inverno nel cuore. Erede della bellezza artificiale di Douglas Sirk, Todd Haynes guadagna ai suoi melodrammi una dimensione (socio)politica, svolgendo temi che all’epoca di Sirk non potevano essere trattati direttamente. L’omosessualità, latente nel cinema dell’autore tedesco, emerge sulla superficie splendente del cinema di Haynes che come Sirk confida (sempre) in un personaggio femminile. Quello del titolo, interpretato da Cate Blanchett, e quello sottaciuto dal titolo ma rivelato dal film, incarnato da Rooney Mara. Incontrate a New York e a un passo dal Natale del 1952, Carol e Therese sono costrette a incarnare l’immagine perfetta di un sistema di valori. Nondimeno, contro la dittatura della società americana e della cultura domestica degli anni Cinquanta, cercano irriducibili l’affrancamento e l’amore. Ma i sentimenti, come i colori, in un melodramma non sono mai cosa semplice, è sempre una questione di caldo e di freddo che interagiscono in ogni immagine traducendo la complessità emozionale e le ambivalenze di una storia d’amore (im)possibile.
Una volta nella vita
Nella banlieu di Créteil, a sud-est di Parigi, il crogiolo di etnie e differenti confessioni religiose ha numeri ben sopra la media. Al liceo Léon Blum, in particolare, c’è una classe multiculturale litigiosa e indisciplinata che crea problemi al preside e al corpo docente. Solo la professoressa di storia, Anne Gueguen, pare essere in grado di farsi ascoltare da quei ragazzi. Non solo: contro il parere di tutti, inizialmente scoraggiata dagli studenti stessi, la Gueguen sceglie proprio la seconda esplosiva, anziché la gemella “europea” e più disciplinata, per partecipare al concorso nazionale della Resistenza e della Deportazione (CNRD) indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’incontro con la memoria della Shoah avrà un impatto indelebile sulla vita e sul comportamento dei ragazzi della banlieu.
Fuor di finzione, l’esperienza reale del concorso letterario è stata di grande stimolo per il giovane Ahmed Dramé, che ha contattato la regista Marie-Castille Mention-Schaar e rievocato con lei quell’anno di liceo, e fornendole la base di partenza per questo film.
Quello che la professoressa insegna con successo è: il dovere, prima, di trovare le proprie parole, e di non cadere nella trappola terribile del silenzio-assenso, e poi di fermare quelle stesse parole, non solo quelle irrispettose e inaccettabili, ma tutte, e di opporre loro un silenzioso rispetto. Quando, nel museo dell’Olocausto, sono le ragazzine stesse a dire con un fil di voce che hanno deciso di trattenersi, che l’altro impegno è rimandabile mentre questo no, il film è arrivato a segno, nella sua vocazione didattica e non solo.
La scuola, origine e destinatario ideale di questo lavoro, è ritratta, con ottimismo e speranza, come il luogo possibile della trasmissione, non solo del sapere, ma ancor più del saper imparare
Heidi
Heidi è una bambina felice che vive in compagnia del nonno in una piccola casetta sulle montagne svizzere. Insieme al suo migliore amico Peter si diverte prendendosi cura delle caprette e godendosi la libertà della vita sui monti. Ma queste giornate spensierate si interrompono quando la zia Dete decide di portare Heidi a Francoforte. Lì dovrà fare compagnia a Klara, la figlia del ricco Signor Seseman, e insieme a lei imparare a leggere e scrivere sotto la supervisione della severa signorina Rottnmeier. In città Heidi conoscerà quindi un’amica inseparabile e l’amore per la lettura, ma la nostalgia delle sue amate montagne e di suo nonno si faranno sentire presto.
 
Un paese quasi perfetto
La storia è ambientata a Pietramezzana, un paese di piccole dimensioni isolato nelle Dolomiti lucane. Questo luogo sperduto rischia seriamente di scomparire, dato che i giovani decidono di abbandonarlo per andare a vivere in città, mentre i pochi rimasti, per la maggior parte ex minatori, si trovano a vivere in una situazione precaria con la cassa integrazione che rischia di tramutarsi in disoccupazione definitiva. Gli abitanti potrebbero scoraggiarsi per questo motivo ed invece non lo fanno affatto, anzi, trascinati da un esuberante Domenico, interpretato da Silvio Orlando, non mollano affatto le speranze. Un giorno, si profila l’ipotesi di apertura di una fabbrica e vedendo in essa la soluzione dei loro numerosi problemi, cercano di attivarsi affinché tutto proceda per il meglio. La prima cosa che gli abitanti pensano di fare è quella di cercare un medico, perché senza questa figura professionale non vi sono speranze di avere una fabbrica. La ricerca termina nel momento in cui si imbattono in Gianluca, alias Fabio Volo, un chirurgo estetico di Milano.
Il difficile per i cittadini di Pietramezzana è convincere l’uomo a rimanere in questo posto fuori dal mondo. Le proveranno davvero tutte, non solo cercando di non fargli mancare le piccole cose quotidiane come sushi, sonorità jazz e connessione internet, ma persino arruolando dei giocatori per formare una squadra di cricket.

Programmazione Cinema Italia dal 22-03 al 03-04

mercoledì 23 marzo ore 16.30 (€ 4) – 18.30 (€ 5) – 21 (€ 5): THE LOBSTER – cineforum
lunedì 28 marzo ore 16.30: IL SENTIERO DELLA FELICITA’ – ingresso € 5
lunedì 28 marzo ore 18.30 – 21: BROOKLYN
mercoledì 30 marzo ore 18.30: UNA VOLTA NELLA VITA – ingresso € 5
mercoledì 30 marzo ore 16.30 (€ 4) e 21 (€ 5): STEVE JOBS – cineforum
sabato 02 aprile ore 18.30: KUNG FU PANDA 3 – ingresso € 5
sabato 02 aprile ore 21: BROOKLYN
domenica 03 aprile ore 16.30 e 18.30: KUNG FU PANDA 3 – ingresso € 5
domenica 03 aprile ore 21 (€ 5): BROOKLYN 

Scarica la programmazione

The lobster
In un futuro prossimo e immaginario essere single oltre una certa età è vietato, pena l’arresto e la deportazione in un grande hotel nel quale si è obbligati a trovare l’anima gemella in 45 giorni di tempo, tra punizioni e questionari assurdi. Uomini d’affari, professionisti, donne in carriera e individui meno realizzati tutti insieme sono costretti a cercare un affiatamento possibile perchè se non dovessero trovarlo nel mese e mezzo a disposizione saranno trasformati in un animale a loro scelta.
Appena fuori dall’hotel c’è un bosco dove si trovano i ribelli, individui fuggiti dall’hotel che vivono liberi e single a cui non è concesso di stare con nessuno. Il protagonista passerà prima nel grande hotel senza trovare quell’amore obbligatorio che troverà in mezzo ai ribelli, là dove non è consentito.
Cosa succederebbe se potessimo andare in deroga ad alcune fondamentali regole sociali? Quante delle strutture, delle convenzioni e delle ipocrisie che il vivere in una società ci impone rimarrebbero tali e quanto invece potremmo sviluppare forme d’interazione nuove? Yorgos Lanthimos sembra chiederselo in ognuno dei suoi film e la risposta che si dà oscilla costantemente tra il pessimistico e il grottesco: non molto cambierebbe, nemmeno una revisione degli assunti di base può salvare l’uomo da se stesso.
Il sentiero della felicità
La vita e il messaggio dello swami Paramahansa Yogananda (1893 – 1952), portavoce della tradizione yogica in occidente e autore del best seller Autobiografia di uno Yogi. L’infanzia nel continente indiano, la morte della madre, il decennio di apprendimento nell’eremo del maestro Sri Yukteswar, l’approdo a Boston e la sua prima relazione: La scienza della religione, il trasferimento a Los Angeles e la fondazione del Self-Realization  Fellowship, le conferenze itineranti e il successo, le calunnie della stampa statunitense, il ritorno in India e il contatto con Gandhi, la morte del suo guru, l’ultimo addio al termine di un discorso
 
Brooklyn
Eilis sta per partire per l’America, in Irlanda sembra non avere un futuro e la famiglia, aiutata dal prete, la spedisce nel nuovo mondo in nave. Sono gli anni ’50. A New York si ambienta a fatica e combatte con un’insopprimibile nostalgia fino a che non conosce un ragazzo italoamericano.
Non vuole inventare niente Nick Hornby, che adatta per lo schermo la storia di un’emigrante che lotta prima contro la nostalgia e in seguito per affermare il proprio diritto a una vita indipendente. Semmai vuole ripercorrere orme più grandi, lasciate da molti prima di lui. Forse proprio per la ragionevole umiltà artistica, unita alla consueta arroganza intellettuale dei suoi testi che non si vergognano di intendere i sentimenti come materia complessa che fiorisce in persone semplici, Brooklyn suona così riuscito. Del melodramma questo film così fieramente tradizionalista ha tutto, dalle malattie alle angherie fino al doppio amore e all’insopprimibile dilaniamento dell’animo, ma è anche evidente che questa celebrazione dell’America come mondo nuovo, non solo oggettivamente ma anche soggettivamente per la sola vita della protagonista, cela il desiderio di avere una scusa per scrivere il più naive e dolce degli animi femminili. C’è una qualità commovente nella dimessa eroina di Saoirse Ronan, nella sua dignitosa compostezza e nella maniera inibita con cui cerca il proprio posto nel mondo. Sul suo fisico gracile (“Attenta che agli italiani piacciono le donne in carne”, la avverte la sua datrice di lavoro) non si abbatte però solo lo struggimento del melò. Brooklyn sta molto attento ad usare i suoi colori caldi e i cambi di paesaggio (dall’Irlanda a New York e ritorno) per cercare di espandere la passione per i sentimenti incontenibili anche all’eccitazione della gioia o all’estasi dell’appartenenza.
Una volta tanto non è la qualità delle ambizioni a fare la differenza, ma la capacità di maneggiare la materia più semplice con la giusta delicatezza.
Una volta nella vita
Nella banlieu di Créteil, a sud-est di Parigi, il crogiolo di etnie e differenti confessioni religiose ha numeri ben sopra la media. Al liceo Léon Blum, in particolare, c’è una classe multiculturale litigiosa e indisciplinata che crea problemi al preside e al corpo docente. Solo la professoressa di storia, Anne Gueguen, pare essere in grado di farsi ascoltare da quei ragazzi. Non solo: contro il parere di tutti, inizialmente scoraggiata dagli studenti stessi, la Gueguen sceglie proprio la seconda esplosiva, anziché la gemella “europea” e più disciplinata, per partecipare al concorso nazionale della Resistenza e della Deportazione (CNRD) indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’incontro con la memoria della Shoah avrà un impatto indelebile sulla vita e sul comportamento dei ragazzi della banlieu.
Fuor di finzione, l’esperienza reale del concorso letterario è stata di grande stimolo per il giovane Ahmed Dramé, che ha contattato la regista Marie-Castille Mention-Schaar e rievocato con lei quell’anno di liceo, e fornendole la base di partenza per questo film.
Quello che la professoressa insegna con successo è: il dovere, prima, di trovare le proprie parole, e di non cadere nella trappola terribile del silenzio-assenso, e poi di fermare quelle stesse parole, non solo quelle irrispettose e inaccettabili, ma tutte, e di opporre loro un silenzioso rispetto. Quando, nel museo dell’Olocausto, sono le ragazzine stesse a dire con un fil di voce che hanno deciso di trattenersi, che l’altro impegno è rimandabile mentre questo no, il film è arrivato a segno, nella sua vocazione didattica e non solo.
La scuola, origine e destinatario ideale di questo lavoro, è ritratta, con ottimismo e speranza, come il luogo possibile della trasmissione, non solo del sapere, ma ancor più del saper imparare
Steve Jobs
È il 1984 e manca pochissimo al lancio del primo Macintosh. Poi sarà la volta del NeXT nel 1988 e del iMac nel ’98. Scortato dal suo braccio destro, la fedelissima Joanna Hoffman, nel backstage che muta col mutare dei decenni e dei costumi, Steve Jobs affronta gli imprevisti dell’ultimo minuto, immancabili contrattempi che si presentano sotto forma di esseri umani e rispondono al nome di Lisa, sua figlia, di Chrisann Brennan, la madre di Lisa, Steve Wozniak, il partner dei leggendari inizi nel garage di Los Altos, John Sculley, CEO Apple, Andy Hertzfeld, ingegnere del software.
Non poteva non dotarsi di un perfetto design strutturale, ovvero di un’eccellente e funzionale idea “grafica”, il film di Danny Boyle sull’imprenditore visionario che ha inventato il mouse, le icone, l’iPhone, l’iPod e l’iPad, incarnando una concezione dell’innovazione che non inseguiva mai l’omologazione ma santificava l’anomalia. E non poteva non parlare, come tutto il cinema di Boyle, di un caso di “campo di distorsione della realtà”, per usare le parole del biografo di Jobs, Walter Isaacson, a cui si ispira liberamente il film.
Il film racconta davvero, con più sapienza che retorica, un direttore d’orchestra, e non lascia che la metafora resti una frase vuota, ad uso di critici cinematografici senza fantasia. Racconta un artista la cui personalità fa la differenza; qualcuno che possiede tanto la tecnica quanto la capacità interpretativa e sa alla fine far suonare ogni singolo strumento in accordo con la propria concezione generale dell’opera d’arte.
Kung Fu Panda 3
Il padre di Po, scomparso da tempo, riappare improvvisamente, e il duo finalmente riunito si reca in un “paradiso segreto dei panda” dove incontrerà decine di esilaranti nuovi personaggi. Quando però il super-cattivo Kai comincia a espandersi in tutta la Cina sconfiggendo tutti i maestri di kung fu, Po dovrà fare l’impossibile e addestrarsi, in un villaggio pieno di amanti del divertimento, insieme ai fratelli maldestri, per riuscire a diventare la banda più imbattibile di Kung Fu Panda!

Programmazione Cinema Italia dal 14-03 al 20-03

mercoledì 16 marzo ore 17.30 (€ 4): IL PONTE DELLE SPIE
mercoledì 16 marzo ore 21 (€ 5): IL PONTE DELLE SPIE – cineforum
sabato 19 marzo ore 18.30: UNA VOLTA NELLA VITA – ingresso € 5
sabato 19 marzo ore 21: SUFFRAGETTE
domenica 20 marzo ore 16.30 – 18.30: SUFFRAGETTE
domenica 20 marzo ore 21: SUFFRAGETTE – ingresso € 5

Il ponte delle spie
Brooklyn, 1957. Rudolf Abel, pittore di ritratti e di paesaggi, viene arrestato con l’accusa di essere una spia sovietica. La democrazia impone che venga processato, nonostante il regime di guerra fredda ne faccia un nemico certo e terribile. Dovrà essere una processo breve, per ribadire i principi costituzionali americani, e la scelta dell’avvocato cade su James B. Donovan, che fino a quel momento si è occupato di assicurazioni. Mentre Donovan prende sul serio la difesa di Abel, attirandosi l’incomprensione se non il disprezzo di sua moglie, del giudice e dell’opinione pubblica intera, un aereo spia americano viene abbattuto dai sovietici e il tenente Francis Gary Powers viene fatto prigioniero in Russia. Si profila la possibilità di uno scambio e la CIA incarica Donovan stesso di gestire il delicatissimo negoziato.
L’intro hitchcockiano cede man mano il passo ad uno svolgimento sempre più letterario, dove il racconto è già leggenda e ancora incertissimo presente, come esemplifica l’immagine tombale del muro di Berlino; e dove il Donovan di Tom Hanks sembra rispondere al paradigma dell’everyman, cappotto cappello ombrello, se non fosse che, nel cinema di Spielberg più che mai, l’apparenza in qualche modo inganna.
Donovan è infatti qualcuno che incarna il mestiere che fa, lo onora come una “professione”.
In un’epoca come la nostra, di sospetti quotidiani, intercettazioni isteriche, identificazioni affrettate di un uomo col suo credo, il suo abito o la sua provenienza, Il ponte delle spie è un film di bruciante attualità, profondamente consapevole della dignità della professione artistica e della sua funzione sociale
Una volta nella vita
Nella banlieu di Créteil, a sud-est di Parigi, il crogiolo di etnie e differenti confessioni religiose ha numeri ben sopra la media. Al liceo Léon Blum, in particolare, c’è una classe multiculturale litigiosa e indisciplinata che crea problemi al preside e al corpo docente. Solo la professoressa di storia, Anne Gueguen, pare essere in grado di farsi ascoltare da quei ragazzi. Non solo: contro il parere di tutti, inizialmente scoraggiata dagli studenti stessi, la Gueguen sceglie proprio la seconda esplosiva, anziché la gemella “europea” e più disciplinata, per partecipare al concorso nazionale della Resistenza e della Deportazione (CNRD) indetto dal Ministero della Pubblica Istruzione. L’incontro con la memoria della Shoah avrà un impatto indelebile sulla vita e sul comportamento dei ragazzi della banlieu.
Fuor di finzione, l’esperienza reale del concorso letterario è stata di grande stimolo per il giovane Ahmed Dramé, che ha contattato la regista Marie-Castille Mention-Schaar e rievocato con lei quell’anno di liceo, e fornendole la base di partenza per questo film.
Quello che la professoressa insegna con successo è: il dovere, prima, di trovare le proprie parole, e di non cadere nella trappola terribile del silenzio-assenso, e poi di fermare quelle stesse parole, non solo quelle irrispettose e inaccettabili, ma tutte, e di opporre loro un silenzioso rispetto. Quando, nel museo dell’Olocausto, sono le ragazzine stesse a dire con un fil di voce che hanno deciso di trattenersi, che l’altro impegno è rimandabile mentre questo no, il film è arrivato a segno, nella sua vocazione didattica e non solo.
La scuola, origine e destinatario ideale di questo lavoro, è ritratta, con ottimismo e speranza, come il luogo possibile della trasmissione, non solo del sapere, ma ancor più del saper imparare
Suffragette
Londra, 1912. Maud Watts è una giovane donna occupata nella lavanderia industriale di Mr. Taylor, un uomo senza scrupoli che abusa quotidianamente delle sue operaie. Alcune di loro combattono da anni a fianco di Emmeline Pankhurst, fondatrice carismatica e ricercata della Women’s Social and Political Union. Solidali e militanti, le suffragette combattono per i loro diritti e per il loro diritto al voto. Ignorate dai giornali, che temono gli strali della censura governativa, e dai politici, che le ritengono instabili e inette fuori dai confini concessi, decidono unite di passare alle maniere forti. Pietre contro le vetrine, boicottaggio delle linee telegrafiche, bombe in edifici rappresentativi (ma vuoti), scioperi della fame, tutto è lecito per avanzare la causa. Mite e appartata, Maud diventa presto una militante appassionata e decisa a vendicare le violenze in fabbrica e a riscattare una vita che la costringe alle dipendenze degli uomini. Arrestata più volte, perde il lavoro e viene ‘ripudiata’ dal marito che la caccia di casa e adotta a una famiglia borghese il loro bambino. Rimasta sola trova ragione e forza nella lotta politica, attirando con le sue sorelle l’attenzione del mondo che adesso dovrà starle a sentire.
Quello che è certo per la Gravon è il prezzo pagato dalle donne che l’hanno perpetrata dentro una società reazionaria e che il suo melodramma sociale mette in scena in maniera forte e dolente, chiudendo sul funerale di Emily Davison e sull’idea di farci dono di un modello da seguire. Perché la strada da fare è ancora lunga e scorre sui titoli di coda indicanti le date di conseguimento del voto, raggiunto dalle donne britanniche nel 1918 (in maniera incompiuta). Le italiane ventisei anni dopo. In Arabia Saudita il diritto al voto è stato concesso a partire dal 2015.